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Alex Langer contro cinici e falsi utopisti

Autore: Vittorio Giacopini
Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 23 settembre 2022

LA SUA canonizzazione postuma, insincera, l'avrebbe lasciato con l'amaro in bocca. Diffidava di «promotori, agitatori, salvatori, missionari e avanguardie» e per tutta la vita aveva cercato di dare un senso diverso alla sua idea di politica, immaginandosi come un «costruttore di ponti» o un «saltatore di muri», senza bandiere. Era un mediatore, sì, ma anche un «traditore della compattezza etnica», un apostata consapevole di tutte le identità che si fissano troppo pigramente o ci vengono assegnate per motivi di razza, lingua, etnia, censo, religione. Nei bellissimi appunti autobiografici che aprono questa raccolta di scritti (La scelta della convivenza, edizioni e/o, prefazione di Gianfranco Bettin con una nota di Gad Lerner), Alex Langer parte proprio dalla sua infanzia, a Vipiteno, ai bordi di una frontiera, e dentro un conflitto, e sin dall'inizio mette in chiaro la sua scelta di non lasciarsi incastrare. Il realismo dei cinici, il falso utopismo dei ribelli a metà gli erano estranei. In tutta la sua (breve) vita di studioso, giornalista, attivista pacifista, europarlamentare, privilegerà, cercherà di dare spazio a un'altra idea di politica e di vita. La convivenza, la scelta della convivenza, del dialogo, dell'incontro tra ragioni e verità diverse, sono state sempre il suo unico "metodo". Al momento del crollo della ex Jugoslavia («sono convinto» scrive «che l'Europa abbia fatto malissimo a favorire la disintegrazione della vecchia Jugoslavia»), aveva intuito il clamoroso ritorno dei nazionalismi, dell'odio etnico, della "guerra per bande". I Dieci punti per la convivenza inter-etnica fissati in uno dei saggi più importanti del libro sono un tentativo serio (e disperato) di arginare questa deriva a partire da una lettura della storia in atto, lucidissima: «la compresenza pluri-etnica sarà la norma più che l'eccezione: l'alternativa è tra esclusivismo etnico e convivenza». (...)