Dai film ai romanzi spopola l'adolescente in cerca di vendetta
Autore: Luca Crovi
Testata: Il Giornale
Data: 1 settembre 2011
Gli americani li chiamano revenge movie o revenge novel, a seconda che siano film oppure romanzi e sono quelle storie in cui è la «vendetta» ad essere protagonista. Quelle «odissee» in cui l’eroe è costretto a vendicarsi violentemente dei torti subiti da lui e molto spesso dai suoi cari, arrivando ad eliminare sistematicamente coloro che gli hanno rovinato per sempre l’esistenza. Da quando sulla pista rossa della vendetta sono apparse le donne, possiamo dire che hanno subito dimostrato di saperne una più del diavolo e di riuscire letteralmente ad annientare, per cattiveria e violenza, i loro colleghi maschi. Basterebbe pensare alla vedova inconsolabile de La sposa era in nero (1940) di Cornel Woolrich, alla punkettara e letale sbandata Nikita di Luc Besson, alla Sposa sopravvissuta di Kill Bill di Quentin Tarantin, alla pericolosa adolescente Hanna di Joe Wright alla giovane Lisbeth Salander della saga Millennium di Stieg Larsson capace di rendere la pariglia a chi l’ha violentata e seviziata per anni. E che le donne vendicatrici siano destinate a dominare le classifiche di gradimento del pubblico ce lo confermano anche alcuni nuovi progetti. Il primo è il film Colombiana, prodotto e sceneggiato da Luc Besson e diretto dal suo pupillo Olivier Megaton. Un thriller action che approderà nei cinema americani il prossimo 2 settembre. Una pellicola straripante d’adrenalina che ha molti punti di contatto con film come Leon e Nikita e che racconta la storia della piccola Cataleya (interpretata dall’affascinante Zoe Saldana) che all’età di dieci anni assistite all’omicidio dei genitori a Bogotà da parte dello spietato signore della droga colombiana Don Luis (Beto Benites). Una volta cresciuta Cateleya diventerà una killer agile e imprendibile, capace di entrare nei posti più inespugnabili del mondo, sia che siano carceri speciali presidiate da poliziotti sia che siano ville con piscina di mafiosi vigilate da piscine con squali affamati. Acrobatica nelle sue mosse Cataleya è decisa a scoprire la verità sulla morte dei suoi familiari ed è disposta a tutto per eliminare coloro che l’hanno ordinata. Un quadro similare emerge anche nell’eccellente debutto pulp dello scrittore padovano Matteo Strukul che, strizzando un occhio a Quentin Tarantino e a Sergio Leone, ci regala con La ballata di Mila (Edizioni E/O), un ritratto spietato di come la mafia cinese si sia profondamente insidiata e ramificata nel Nordest. Una mafia dalle molte teste e dalle capacità tentacolari contro cui si schiera Mila Zago, una giovane dai dredd rossi e dalle capacità di combattimento letali, che per anni si è allenata come una ninja per poter vendicare la morte del padre poliziotto e lo stupro da lei stesso subito da parte dei suoi assassini. Una sicaria a sangue freddo capace di usare tutte le armi da fuoco e da taglio, abile nel sezionare e nel far sparire i cadaveri dei propri nemici e che spesso morbosamente registra le sue gesta servendosi di microcamere nascoste nei suoi occhiali da sole rossi. Una donna che sfiderà da una parte la cosca locale capitanata dall’odioso malavitoso Rossano Pagnan e dall’altra i Pugnali Parlanti della triade cinese in un romanzo granguignolesco che la vedrà trionfare in un epilogo degno di Per un pugno di dollari dove sarà lei stessa ad orchestrare lo scontro a fuoco mortale fra gli asiatici e i veneti. Non meno terribile l’elimazione del consorte fedrifrago che vediamo operare dalla tranquilla casalinga Magda protagonista di Dormi per sempre (Corbaccio) della berlinese Sabine Thiesler, una tranquilla donnina dal pollice verde capace di seppellire nel suo giardino in Toscana chiunque non riesca ad essere in sintonia con i suoi sentimenti. Non meno nere le vicende delle due gemelle protagoniste di La ragazza che viene dal passato (Kovalski) dell’olandese Simone van Der Vlugt, costrette a sopravvivere in una Rotterdam dove è facile essere prima minacciate, poi violentate ed uccise in un paese dove i conflitti razziali sono da tempo espliciti. Tutte le protagoniste di queste storie giungono a tratti sull’orlo della follia, trascinate dalla spirale di violenza degli eventi e spesso per loro è catartico e risolutorio il rapporto con il sangue. È per questo che sono abituate a spargerne ad ettolitri, perché nel sangue sono convinte che si laveranno le colpe dei loro carnefici e forse troveranno la purificazione della loro anima inquieta. Peccato che nessuno degli psichiatri che le ha avute in cura possa garantire per la loro integrità psicologica così com’è sicuro che qualsiasi principe azzurro che cercherà di avvicinarle sarà travolto dalla loro furia.