«Al centro de La buona educazione troviamo il senso di colpa e l’incomunicabilità. In molti momenti Lisa ha provato un astio profondo per la madre, se non un vero e proprio odio; a maggior ragione dopo la sua morte, si sente in colpa per aver provato sentimenti simili, o per essere fuggita in Canada diversi mesi per disintossicarsi da lei. Dall’altra parte dell’oceano ha conosciuto la spensieratezza, ma ora sa che tutti quei mesi lontano dalla madre non torneranno più indietro. Eppure è innegabile quanto Antonella l’abbia fatta soffrire, pur ammettendo che potevano esserci buone intenzioni alla base di certi suoi atteggiamenti. Resta sospesa tra le righe una domanda: quanto dolore abbiamo arrecato pure noi, più o meno consapevolmente, alle persone che amavamo?
Lisa e Antonella, inoltre, non sanno parlarsi. Per anni Lisa non è stata in grado di dirle che si sentiva soffocare e, dal canto suo, Antonella quasi ha nascosto alla figlia la sua malattia, pretendendo che in qualche modo sia lei a intuire il suo malessere. Citando Jacques Lacan, «amare è donare quello che non si ha a qualcuno che non lo vuole»; potremmo forse riassumere con questa frase la storia narrata ne La buona educazione. Madre e figlia pretendono a vicenda ciò che l’altra non può dare».