«La solitudine degli anziani è qualcosa su cui rifletto fin da ragazzo, e non solo per motivi autobiografici: provo empatia per quest'età così vulnerabile» Narrazioni di vite immaginarie, giovani orfani di padre e madre, vecchi, curiosi personaggi che entrano con umorismo nella realtà: i racconti di Fabio Bartolomei
«Si è figli per sempre? È una vocazione, un destino, una benedizione o una maledizione quella di rimanere in eterno ancorati nella mente al pensiero dei genitori, pensando a sé stessi solo e sempre come figli? La domanda, attuale e negli ultimi decenni di più ancora, lo scrittore romano Fabio Bartolomei se la pone senza alcuna gravità: con leggerezza invece; quasi per gioco, anzi. Costruendo a partire da questo particolare rovello psicologico un felice stile narrativo. Stile che si mantiene sul filo dell'assurdo senza mai perdere equilibrio e virare verso l'eccessivo, o l'inverosimile. Strane vicende romanzesche, paradossali e divertenti, al cui centro sempre permane lo stesso tema: l'essere figli, in molte sue declinazioni. Il risultato è nientemeno che una quadrilogia di romanzi, l'ultimo dei quali sin dal titolo esprime ed esalta una riflessione sull'argomento. Il figlio recidivo (e/o, pagine 142, euro 14) dopo altre tre storie ( Morti ma senza esagerare, Diciotto anni e dieci giorni, Tutto perfetto tranne la madre ) si dipana a partire da un curiosissimo personaggio, il giovane Tommaso, il quale, orfano di padre e madre, cerca genitori vicari dai quali ricevere l'amoroso sguardo di approvazione che tanto gli manca».