Generoso, imprevedibile e sfarzoso come il più luculliano dei banchetti, Énard si conferma una voce fondamentale della letteratura francese d'oggi. Dopo gli eccelsi splendori di Zona, Bussola o La Perfezione Del Tiro, qui torna a tributare onori e amori al santo patrono Rabelais, regalando ai lettori una girandola barocca di morti, risate, sconquassi antropologici e fulminante letteratura popolare. Tra macchiette veritiere, caratteristi d'assalto e gran cerimonieri romanzeschi, il libro tiene banco come poco altro, oggi. Merito della penna dell'autore, certamente, ma anche dell'amore per l'immaginazione che impregna ogni pagina del lavoro, mentre si scava nel meraviglioso e nella parabola falsamente veritiera della letteratura. C'è grande erudizione disciolta nell'impasto, manciate d'intelligenza pratica e virtuosistica. Si pecca forse un po' nell'esercizio di stile, con qualche compiacimento narciso di troppo. Ma la cascata grottesca e affollatissima di riso e tragedia, amore e morte, fa perdonare ogni cosa.