La voce di Robert Wright è una lunga indagine sui misteri dell’animo umano, sulla follia e i luoghi che la abitano, sulla fatica che un uomo è costretto a fare per trovare un ruolo nella vita, cercando una ribalta qualsiasi, perché qualcuno si accorga di lui, persino restando nell’ombra, come nel caso di un doppiatore che vive di fama riflessa. Il protagonista del romanzo è un uomo che per ventisette anni conosce un solo nord: Robert Wright, un giorno quel punto di riferimento è saltato, la bussola è impazzita, e lui si è perso, in tutti i sensi. Romanzo psicologico è la definizione migliore che si può dare per un racconto che contiene la tensione narrativa di una storia dell’orrore e il taglio minimalista che ti accompagna nel vivere quotidiano.
(...) Nel romanzo si parla di un doppiatore che per quasi trent’anni ha dato la voce a un portento di Hollywood: Robert Wright. Che d’un tratto muore. Ti sei ispirato a qualcuno?
Mentre buttavo giù questa storia pensavo a Robin Williams. Uno di quegli attori che probabilmente ha fatto breccia anche nei cuori dei più cinici. Non è un caso se il protagonista del romanzo si chiama Carlo Serafini: un piccolo tributo all’immenso talento di Carlo Valli (che ovviamente non c’entra niente con questa vicenda).
Qual è il tema dominante del libro?
L’identità. Vista dalla prospettiva di un uomo che da un certo punto della sua vita in poi si è adagiato, ha smesso di cercarsi. Adesso è sulla soglia dei settanta. La morte improvvisa dell’attore cui deve tutto lo coglie impreparato. Come prima reazione smette di parlare.