Nuovo intrigante romanzo a fosche tinte noir venate di magia e di peccato in cui tornano le stupende immagini parlanti della città e le maestose e struggenti descrizioni che Tiraboschi ruba al medioevo per rendercele vicine, quasi palpabili. Una Venezia ancora in divenire, una città inedita, fatta di sporcizia, fango e paludi, in cui i palazzi si mischiano alle stamberghe, ancora molto lontana dalla iconografia classica della Serenissima a noi più nota; una città solo desiderosa “di rubare terra alle acque e di edificare sul nulla”. Un ricettacolo di miasmi e miseria, in certe zone, sestieri o calli ma che può riscattarsi nei giardini e nelle dimore signorili, in un’antica cornice fatta di colori, profumi e incanto, nonostante i pericoli di una vita sempre in bilico fra la acque putride della laguna. (...)