(...) Uno stile, quello di Valérie Perrin, che riesce a trattare con delicatezza e apparente leggerezza anche ciò che sta nel profondo della nostra vita quotidiana, le corazze, i dolori nascosti, le insicurezze, il bisogno di essere amati, la paura dell’abbandono, la solitudine, le debolezze, le verità su noi stessi che non vogliamo vedere, la perdita, la possibilità di rinascere dopo un lutto, l’amicizia che può ferire, e può curare. Con semplicità e grazia molto francese, Perrin fa immergere nelle emozioni, e lo fa non attraverso vaghe pretese retoriche bensì attraverso la costruzione della trama, attraverso il meccanismo classico del romanzo.
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Il fulcro è, come in passato, Nina. (...) Nina, che ha dovuto riaggiustare se stessa, ora si occupa di cani e gatti abbandonati e ricorda molto, in questo, Violette Toussaint, protagonista di Cambiare l’acqua ai fiori, riparatrice di ferite, accuditrice di animali indifesi, rifugio lei stessa per le anime perse, dei vivi e dei morti del cimitero che custodisce. (...)