Caldo. Nell’aria soffocante che confonde il contorno degli oggetti rendendo ogni cosa incerta, in bilico tra sogno e realtà.
Caldo. Nei raggi incessanti e accecanti del sole che picchia senza tregua bruciando nei desideri, azzerando le volontà, sottraendo forza nei movimenti, aumentando la potenza dei sentimenti che inebriano e stordiscono.
Caldo. Nelle onde che s’infrangono a riva a lambire sguardi perduti dentro ad orizzonti sconosciuti. Sulla spiaggia che s’insinua tra le pieghe della pelle, tra le dita, tra i capelli. Fine sabbia a soffocare, a ricoprire, a nascondere.
“Mi accingevo a vivere l’ultimo giorno di vacanze, quello più caldo, forse addirittura il più caldo degli ultimi diciassette anni.”
Léo è un ragazzo di diciassette anni in vacanza con la famiglia. E’ l’ultima settimana di agosto e l’ultima sera di soggiorno al mare. Mentre vagabonda per il campeggio deserto, è notte inoltrata, s’imbatte in una scena improvvisa quanto sconvolgente. Oscar, un suo coetaneo, anche lui lì in vacanza con la madre, è su un’altalena e si sta strozzando con le corde che la sorreggono in una maniera che lascia intuire che sia una situazione voluta, cercata, alla quale Léo risponde pietrificandosi e non muovendo nemmeno un muscolo per provare a salvarlo. Più che il gesto dell’amico è la sua stessa reazione a gettarlo in uno stato di panico difficile da gestire per un ragazzino alle prime esperienze, alla scoperta di sé, che sta abbandonando l’infanzia, affacciandosi con circospezione all’età adulta.
Léo libera Oscar dall’imbracatura che gli è stata fatale, lo trascina fino alla spiaggia e lo sotterra in una buca sprofondandolo sotto strati di sabbia come a cercare di cancellarlo dalla propria mente. Ma il risultato ottenuto non sarà esattamente questo ma l’esatto opposto. Le ore successive saranno scandite da un intorpidimento fisico e mentale oppresso dalla calura e dai sensi di colpa mentre tutto attorno a lui, lo svago e i divertimenti di un campeggio lo attraversano senza intaccare i suoi pensieri, senza riuscire a cancellare ciò che è successo, ciò che non ha fatto e ciò che invece ha fatto.
“Caldo” è il romanzo di esordio di Victor Jestin che alla giovane età di ventisette anni firma un’opera solida in cui dimostra la sua abilità nel calarsi nell’animo umano e nell’indagarne le più svariate sfumature, anche le più oscure, senza giudicare ma solo provando a suscitare interrogativi in chi legge.
Il suo stile è essenziale e ci trascina in una realtà lontana, in anni che riguardano un’età difficile come l’adolescenza in cui tutto sembra vacillare, in cui il terreno saldo su cui abbiamo imparato a camminare si sbriciola ad ogni passo costringendoci a riconsiderare nuove possibilità finanche a rinnegare ciò in cui abbiamo sempre creduto. Un periodo in cui la leggerezza si scontra con una profondità che destabilizza, in cui i rapporti cambiano e ci ritroviamo a conoscerci anche nel confrontarci con gli altri, nelle reazioni che ci provocano o nei sentimenti che scatenano che sono spesso, così assoluti quanto radicali.