(...) Caldo di Victor Jestin è un romanzo d'esordio che mostra uno stile di scrittura maturo e consapevole. Uno stile che non ricerca i facili esercizi di stile, né punta a mettersi in mostra con giochi linguistici: la scrittura è scarna, quasi essenziale, e proprio per questo riesce a restituire perfettamente il senso di oppressione di Lèonard. Il protagonista del libro dello scrittore ventisettenne è un adolescente che si sente fuori luogo, che si trascina nella vita portando con sé la sensazione di essere diverso dai suoi coetanei. Quasi fosse incapace di parlare la loro stessa lingua o appassionarsi alle stesse cose, Lèonard vive con la costante paura di mostrarsi, di attirare l'attenzione. Parla poco e nonostante il caldo torrido dell'ultimo venerdì di agosto ha non pochi problemi a mettersi in costume e a rendere vulnerabile, così, il suo corpo e la sua fisicità.
Jestin racconta molto bene questo malessere adolescenziale. A ben guardare, il romanzo - con la traduzione di Alberto Bracci Testasecca - è un'operazione narrativa che quasi sembra ribaltare il genere del bildungsroman, il romanzo di formazione. Il lettore, infatti, assiste all'evoluzione del protagonista nell'arco temporale di ventiquattro ore: ma questa sorta di formazione è in realtà cupa e si snoda tra i desideri impellenti di una sessualità risvegliata e una certa pulsione di morte. Due estremi di un periodo sempre più problematico come quello adolescenziale. (...)