“Fermò lo sguardo su un’azalea.
Spavento e allegria, infusi di petali color malva, si amalgamarono in un’emozione nuova e Rosa ebbe l’impressione di trovarsi in un santuario di acqua pura e gelida.”
Sfumature di colori e di emozioni immerse in una prosa musicale e molto poetica.
“Una rosa sola”, pubblicato da Edizioni e/o e tradotto da Alberto Bracci Testasecca, è viaggio fisico e metafisico.
Ricerca di radici, paura di scendere nel mare agitato dei ricordi.
Esperienza di ricomposizione del sè in un crescendo di contrasti.
Mantenere quel grigiore interiore o aprirsi al nuovo.
Abbandonare la patina scura di un adattamento all’annullamento delle passioni o risorgere.
“Che ci faccio qui? Si domandò, ma pur sapendo di essere andata lì per ascoltare la lettura del testamento del padre la risposta continuava a sottrarsi.”
Per Rosa il Giappone è terra di confine, incognita da affrontare.
È occasione per comprendere chi era il padre e quali motivi lo hanno spinto a non cercarla.
Ha vissuto con una madre chiusa nella sua malinconia, ha abbandonato presto la felicità di bambina e si è costruita una fortezza.
Si è difesa con l’indifferenza, “tutta la sua vita consisteva in una successione di fantasmi che dirigevano i suoi passi senza darle niente in cambio.”
Kyõto è bellezza che rapisce, mistero che si svela, palpito di una civiltà antica.
È sintesi poetica che nasce dal dolore, fusione di innovazione e tradizione.
È tripudio di una Natura che si mostra sfidando l’osservatore, è il bianco e il rosso acceso, è “tetto dell’inferno”, è segno incancellabile di Hiroshima.
Muriel Barbery torna in libreria con un romanzo stupefacente, carico di vibrazioni empatiche.
Si immerge nel mito e nell’antropologia di un popolo con competenza e leggerezza.
Racconta infinite storie di altri tempi intercalandoli al nucleo centrale della narrazione.
Affronta il tema della eternità, della memoria, della religione costruendo un affresco di rara bellezza.
Fa nascere l’amore come fuoco che brucia e salva.
Ci insegna che “la vita è soltanto un quadro che contempliamo da dietro un albero: si offre a noi nella sua totalità, ma la percepiamo solo attraverso una successione di prospettive.”
Ricorda che “i muri non sono niente senza il giardino, né il tempo degli uomini senza l’eternità del dono.”