Più storie s'intrecciano in "Ognuno accanto alla sua notte". E vengono raccontate grazie a incontri fortuiti. Il "caso" aiuta a non dimenticare?
Dovrebbe essere l'opposto. La memoria è, dovrebbe essere, elaborazione, lavoro continuo. Ma il caso a volte ci regala dei colpi di scena. Un incontro fortuito può aiutare a dare una “messa in moto”. La vita ci regala momenti inaspettati.
Ogni personaggio viene posto di fronte a un dilemma: l’autorialità senza l’autore, l’amore contro l’appartenenza familiare, il conflitto fra attendismo e rivoluzione. La letteratura ci chiede di scegliere, sempre?
Non la letteratura, ma la vita. Tutto quello che fa la letteratura è mettere al centro del suo discorso la scelta. Non racconta fatti ma pensiero, sentimenti, sensazioni, che stanno dietro questi fatti. È logico che il conflitto (anche interiore) venga esposto. Altrimenti non sarebbe letteratura ma cronaca.
I personaggi femminili hanno la capacità di trovare soluzioni meno precipitose, frontali e ideologiche. Quelli maschili esercitano una risolutezza che appare quasi una posa. Sono cambiati gli uomini, o sono destinati a ripetere gli stessi errori?
In genere le donne sono più adatte ad affrontare il momento immediato e a trovare soluzioni adeguate al pericolo. Come scappare di fronte a un pericolo, come nutrirci... l'uomo è portato a teorizzare, fonda partiti, scuole di pensiero, va a combattere, ma la battaglia del quotidiano è affidata alle donne, sono due strutture mentali. Vede troppo in nega-tivo i personaggi maschili. Di fronte ai dilemmi alla fine seguono anche loro i propri sentimenti. Non sono forze ideologiche ma grandi istanze della vita. Ogni cosa viene vissuta come conflitto del profondo, drammatico, quando si tratta di scegliere.
La comunità degli ebrei di Roma esiste da prima ancora del cristianesimo. Quanto è fondamentale, ancora oggi, la sua presenza per la Capitale?
L’antico ghetto è oggi il quartiere ebraico. Nel dopoguerra erano ancora tutti lì, poi come in tutti i centri storici, piano piano in tanti l’hanno abbandonato, ma molte delle attività – negozi, ristoranti, la scuola - riescono a far mantenere al quartiere una particolare atmosfera. Gli ebrei romani dicono “andiamo in Piazza”, “sono un ebreo di Piazza”. È una comunità che è riuscita a mantenere se stessa e la sua diversità, non danneggiando nessuno.