«Dopo la pandemia toccherà a noi costruire un nuovo mondo. I cittadini sono pronti, la sensibilità per l’ambiente riguarda tutti, dovremo solo fare attenzione a non dividerci tra ricchi e poveri. Falliremo se pensiamo che la cura per l’ambiente sia un lusso da privilegiati in auto elettrica mentre gli altri vanno in giro su vecchi diesel inquinanti. Dipenderà dagli aiuti di Stato, certo, dalla volontà dei politici. Ma penso che spetterà a noi cittadini convincerli, partendo dal basso», dice Valérie Perrin, autrice di Cambiare l’acqua ai fiori (edizioni e/o) che è stato in Italia, Francia e in tanti altri Paesi uno dei libri più letti e amati del 2020 ed è ancora in classifica. La vita semplice di Violette Toussaint, custode di un cimitero in Borgogna, ha commosso centinaia di migliaia di persone durante il lockdown.
Il suo romanzo non è certo un libro militante, ma la protagonista Violette sembra incarnare bene questa sensibilità.
«È così, Cambiare l’acqua ai fiori non fa propaganda, ma ci sono i valori in cui credo e che mi pare siano arrivati in primo piano nel 2020. Violette non è schiava del consumismo, le basta l’essenziale e preferisce dedicarsi a una bella tavolata con gli amici, cucinando i prodotti del suo orto».
Senza cucinare carne.
«Da tempo ho abbandonato il consumo di carne, è una cosa che consiglierei a tutti. Non può essere una scelta drastica, dall’oggi al domani, però credo che la società si stia muovendo verso una riduzione progressiva della dipendenza dalle proteine animali, e mi pare una buona cosa».
È una questione legata alla tutela degli animala, dell’ambiente, o a entrambe le cose insieme? Alle europee del 2019 lei si è candidata per il Partito animalista francese.
«Una scelta di cui sono ancora convinta. Non consumo carne per molte ragioni. Mi piacerebbe un mondo più sereno, e quindi più rispettoso degli animali. Gli allevamenti intensivi, con centinaia di animali rinchiusi in poco spazio in attesa di essere macellati, sono ignobili. Su scala mondiale l’allevamento produce inquinamento più dell’intero settore dei trasporti. E non credo che la carne prodotta su scala industriale sia un buon nutrimento per gli uomini».
In Francia l’agricoltura e l’allevamento hanno una tradizione antica e radicata, il movimento animalista e l’ambientalismo sono accusati spesso di essere fenomeni urbani, espressione di cittadini facoltosi, contrapposti al mondo rurale e provinciale. C’è chi teme che senza allevamento gli uomini perderanno qualsiasi rapporto con gli animali e con la campagna.
«Io penso il contrario. Vent’anni fa l’attenzione per la natura e gli animali era forse una cosa da bobo, come vengono chiamati in Francia gli intellettuali e i professionisti di sinistra benestanti di Parigi e delle altre grandi città. Questa identificazione per fortuna è superata, e io che vengo dalla Borgogna non sono un caso eccezionale. L’attenzione per l’ambiente è una preoccupazione di tutti. E sfido chiunque a dirmi che l’allevamento intensivo consenta di mantenere un rapporto con gli animali, o che gli inservienti nei mattatoi abbiano una relazione felice con il loro lavoro e con gli animali. Se i muri dei mattatoi fossero di vetro trasparente nessuno mangerebbe più carne. Ma lo dico con grande rispetto nei confronti di tutti, e anche consapevole delle differenze: esistono piccoli allevatori che hanno un rapporto diverso con i loro animali, senza crudeltà. Resta il fatto che adoro la cucina, un pranzo in compagnia di cari amici è uno dei più grandi piaceri della vita, adoro il buon vino, sono piaceri radicali ai quali non rinuncio e vengo dalla Borgogna, la terra delle mucche Charolais. Solamente, alla carne preferisco certi piatti straordinari come la pasta con le verdure dell’orto, o gli alimenti prodotti da piccoli agricoltori attenti a non usare troppi prodotti chimici».
Non è anche una questione di prezzo?
«In parte, ma mi pare che il prezzo sia destinato a essere un fattore sempre meno determinante. Mia figlia oggi ha 23 anni e quando era bambina cercavo di darle soprattutto prodotti bio, che all’epoca erano senz’altro molto più costosi degli altri. Adesso sono più comuni e quindi la differenza di prezzo è inferiore. Credo che l’economia di scala ci aiuti, per esempio quanto anche ai sostitutivi della carne come gli hamburger vegetali. A Parigi c’è un ristorante che si chiama Green Parmer’s, vende hamburger vegetali buonissimi che costano di più rispetto agli altri, intorno ai 15 euro, ma non ho dubbi che il prezzo continuerà a scendere, e lo stesso vale per gli altri prodotti».
Il lockdown, un anno fa, ha cambiato molte abitudini. Pensa che non torneremo indietro?
«Lo spero, quanto ad alcune cose che sono migliorate. Va ricordato che il lockdown è stato un momento terribile, innanzitutto per le persone che non ci sono più e per i loro famigliari, e poi per tutti noi. Purtroppo non è ancora finita, l’impossibilità di frequentarsi è davvero dura da sopportare, la crisi economica è molto dura, la pandemia resta un evento drammatico e nuovi confinamenti ricominciano nei nostri Paesi. Spero solo che manterremo certe abitudini che si sono sviluppate nel corso di questi mesi: il consumo di prodotti alimentari locali, non industriali, non è mai stato così alto, la gente ha cominciato a fare più attenzione all’origine e alla qualità di quel che mangia, così come la scorsa primavera abbiamo apprezzato l’aria più pulita, meno inquinata dal traffico. La pandemia è stata come un campanello di allarme».
Un avvertimento?
«Non è ancora chiaro come il coronavirus si sia sviluppato, ma è inevitabile pensare a una relazione malata tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e gli animali. Pensiamo al mercato di Wuhan in Cina, al pangolino, che forse c’entra qualcosa nella trasmissione del virus all’uomo anche se qualcuno ne ha riso. Per troppi anni l’uomo ha massacrato la natura, anche negli oceani, una cosa di cui forse si parla meno: Paul Watson, che è stato trai fondatori di Greenpeace e che poi ha fondato la sua Sea Shepherd Conservation Society, ricorda che dalla Seconda guerra mondiale a oggi il 90% percento degli animali marini più grossi (come tonni o pescespada, ndr) sono scomparsi dagli oceani. È una carneficina che non ci possiamo più permettere, la pesca industriale con i pescherecci-fabbrica non è più sostenibile, andrebbe abolita. Basterebbero sei mesi di moratoria e gli oceani ne trarrebbero subito beneficio, cominciando a ricostituire il loro equilibrio. Quando si dice che non c’è un Piano B, che la salvezza del Pianeta è la nostra unica speranza di sopravvivenza, credo che sia vero».
Che cosa pensa del rischio che la tutela dell’ambiente si accompagni a un atteggiamento contrario al progresso, alla tecnologia, alla scienza?
«Sarebbe drammatico, una contraddizione totale. Quando io nei miei libri parlo di certi valori rifugio che forse sono tornati d’attualità in questi mesi, come l’amore, l’amicizia, il piacere di stare a tavola insieme, non lo faccio certo in contrapposizione con il progresso e la scienza. Per me tutela dell’ambiente significa andare avanti, non indietro. Pensiamo ai vaccini, per esempio».
Lei si è vaccinata?
«Lo farò appena potrò accedere alla dose, mio marito che ha 83 anni, (il grande regista francese Claude Lelouch, ndr) ha potuto vaccinarsi ed è stato un sollievo, ho sempre vaccinato i miei figli e dobbiamo essere grati agli scienziati che li hanno inventati, i vaccini hanno salvato l’umanità! Credo che il progresso significhi anche cercare di ottenere risultati scientifici sempre migliori avendo più rispetto per la natura e gli animali. Progresso è anche il fatto che ormai molti farmaci possono essere messi a punto senza ricorrere alla sperimentazione animale. Non voglio affatto contrapporre scienza e progresso da una parte e natura dall’altra. Anzi, il progresso rende oggi possibile una tutela dell’ambiente che qualche decennio fa era impensabile. Dipende dalle nostre scelte, e confido nel fatto che i cittadini sapranno convincere i politici.
Alcuni segnali sembrano andare in questa direzione: in Francia, per esempio, il presidente Macron sta spingendo perché una nuova legge di tutela dell’ambiente venga approvata nei prossimi mesi, per presentarsi alle elezioni del 2022 con le carte più o meno in regola dal punto di vista ambientale. Che il suo sentimento ambientalista sia sincero o meno, sa che se ignora la questione rischia di perdere.
«Mi pare che l’attenzione all’ambiente sia talmente forte tra gli elettori che ormai tutti i partiti devono farci i conti, basta guardare all’“ondata verde” delle ultime elezioni municipali della scorsa estate».
Lei è ottimista?
«Diciamo di sì. Nonostante tutto, tendo ad avere fiducia nell’umanità. In questi mesi di pandemia e crisi economica ho visto molte persone in difficoltà, ma anche uno slancio straordinario di solidarietà, e tanto volontariato. Credo che sia sbagliato contrapporre economia e tutela dell’ambiente. Quando sarà il momento di ripartire, dopo la pandemia, potremo cogliere l’occasione perché il progresso vada nella direzione di un rapporto più equilibrato con la natura. Questi cambiamenti potrebbero essere anche un fattore di rilancio e sviluppo economico. Credo che costruire un mondo migliore sia possibile, e spero che riusciremo a convincere i nostri dirigenti».