TRAMA
Parigi, 1885. A fine Ottocento l’ospedale della Salpêtrière è né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate “isteriche” e curate con l’ipnosi dall’illustre dottor Charcot, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l’esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. Alla Salpêtrière si entra e non si esce. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene.
Alla Salpêtrière si incontrano: Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì in seguito a terribili vicissitudini che hanno sconvolto la sua giovane vita; Eugénie, signorina di buona famiglia allontanata dai suoi perché troppo bizzarra e anticonformista; Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto. E poi c’è Thérèse, la decana delle internate, molto più saggia che pazza, una specie di madre per le più giovani. Benché molto diverse, tutte hanno chiara una cosa: la loro sorte è stata decisa dagli uomini, dallo strapotere che gli uomini hanno sulle donne. A sconvolgere e trasformare la loro vita sarà il “ballo delle pazze”, ossia il ballo mascherato che si tiene ogni anno alla Salpêtrière e a cui viene invitata la crème di Parigi. In quell’occasione, mascherarsi farà cadere le maschere…
COSA NE PENSO
Le donne ospiti di questo manicomio, vagano per i lunghi corridoi dell'ospedale, ne abitano i dormitori e cercano sollievo alla loro condizione, ai loro turbamenti, alla loro prigionia in brevi passeggiate nel parco.
Le internate. Le isteriche. Le pazze. Così le definisce la società, di cui fanno parte anche tutte quelle famiglie, quei padri, quei fratelli, che si sono sbarazzati di loro perché donne "scomode".
Ma dietro ognuna di queste "alienate" si nascondono dolore, abusi, perdite e un profondo desiderio di lotta. Lotta per rivendicare la propria libertà, per riaffermare la propria "normalità".
Ma quante di queste donne sono lì perché pazze davvero? Victoria Mas lo racconta con grande coinvolgimento e precisione attraverso gli occhi di Louise, di Thérèse, di Eugénie e di Geneviève (la capoinfermiera rigida e severa).
La sua narrazione ha la capacità di farci sentire i profondi turbamenti di queste donne, la paura e l'inquietudine di fare qualsiasi gesto diverso dal "normale" e diventare ancora una volta vittime
[...] La Salpêtrière è un deposito per tutte quelle che disturbano l'ordine costituito, un manicomio per tutte quelle la cui sensibilità non corrisponde alle aspettative, una prigione per donne colpevoli di avere un'opinione. Dall'arrivo di Charcot, vent'anni prima, pare che la situazione sia cambiata, che alla Salpêtrière vengano internate solo le autentiche isteriche, ciò nonostante il dubbio sussiste. Vent'anni sono pochissimi per cambiare mentalità ancorate in una società dominata da padri e mariti. Nessuna donna è mai del tutto certa che le sue parole, la sua individualità e le sue aspirazioni non la condurranno tra le temute quattro mura del XII arrondissement. Allora ci stanno attente. Anche Eugénie, per quanto audace, sa di non poter varcare certi limiti, tanto più in un salotto pieno di uomini influenti [...]
Queste donne hanno avuto il coraggio di dire NO! o semplicemente non hanno avuto la forza di farlo. In entrambe i casi sono finite in questo ospedale, relegate, private della libertà e della loro dignità. Sono donne fuori dagli schemi, che non hanno accettato di essere sottomesse. Lottavano per la libertà, combattevano le convenzioni e il potere maschile.
Chi entra alla Salpêtrière non ne esce facilmente, è consapevole che il suo destino è segnato.
Ed è così che qualcuna si adatta, si adegua, chi addirittura vede questo luogo come una protezione dai mali del mondo, come la decana Thérèse. Ma soprattutto c’è chi non accetta questo destino imposto e crudele.
Questo è il caso di Eugénie, lei che è stata rinchiusa dal padre, trascinata con l'inganno, con l'unica colpa di aver detto la verità a una delle persone di cui si fidava di più, la nonna.
Un romanzo molto forte dal punto di vista psicologico, che mette in luce tutta la pochezza e la crudeltà legata a infime credenze e preconcetti sulla sfera femminile.
Ma è soprattutto un inno alla libertà delle donne, una presa di coscienza e una rivalsa sugli abusi di cui da secoli le donne sono vittime per mano degli uomini.
Nonostante la vicenda si svolga nel 1885 è un romanzo attualissimo. Breve, intenso che sottolinea quanto, ancora oggi, noi donne siamo costrette a combattere ogni giorno, a difenderci e a dimostrare tutta la nostra forza, tenacia e valore.
Il romanzo che consiglio fortemente a donne e uomini perché queste vicende non sono di pura fantasia ed è necessario essere consapevoli di abomini del genere e smettere di far finta di niente.