Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Casa è dove fa male – Massimo Cuomo: interni di provincia.

Testata: Provincia Mon Amour
Data: 15 marzo 2021
URL: https://www.provinciamonamour.it/casa-e-dove-fa-male-massimo-cuomo-interni-di-provincia/

Casa è dove fa male di Massimo Cuomo ha un titolo che arriva con la precisione di una stilettata. In realtà, avevamo deciso di recensire il romanzo prima ancora di leggerlo. Per il titolo, ma anche la suggestione esercitata dal tema: spiare la vita che si consuma nei sette interni di un condominio di Mestre. Piano su piano, sette case per sette famiglie (più una, inquietante e sotterranea). Ci siamo trovati di fronte a un romanzo a tinte forti che mantiene ciò che promette: l’impietosa disamina delle relazioni (tossiche) intrecciate fra le pareti delle case piccolo borghesi.

Per la prima volta io e Francesco abbiamo prenotato il libro molto prima della sua uscita ufficiale. Guardare nelle case degli altri quando a sera le finestre si illuminano è una debolezza che ci appartiene. Ma la travestiamo di romanticismo. Proviamo sempre, infatti, a fantasticare sulla vita e sulle storie delle altre famiglie quando intercettiamo la sagoma dei pensili, di un lampadario o delle persone che si muovono attorno a una tavola imbandita. Ed è proprio su questa forma – molto comune – di voyerismo che Massimo Cuomo costruisce la narrazione. E ci porta a sbirciare dal buco della serratura l’intimità della casa. Delle case.

Il tema è poi molto caldo se pensiamo al lockdown vissuto nella primavera del 2020 o alle quarantene a cui la pandemia ci ha costretto. La casa è diventata, suo malgrado, il centro della nostra esistenza. Culla, ma molto più spesso gabbia. Perimetro asfittico dove si dilatano ferite e sozzura. Tritacarne e tritaanime. Come mostra, del resto, la copertina: la casa come il cartone del latte da cui spunta una cannuccia insanguinata.

Le aspettative sul romanzo erano altissime: leggete fino in fondo la nostra recensione per sapere se sono state soddisfatte.

Casa è dove fa male – Massimo Cuomo: l’argomento

Si parte dalla fotografia di un citofono con i nomi di sette famiglie in fila. Nient’altro che cognomi come quelli che troveremmo accanto a un qualsiasi portone di un qualunque grigio palazzo di quattro piani. L’odissea fra gli interni comincia subito e in ordine.

Si parte dal primo piano con una coppia di anziani coniugi e si prosegue nell’appartamento di fronte. Simmetrico come un universo parallelo dove alla stessa planimetria corrisponde un cosmo di esistenze completamente diverse. Quindi si sale al piano superiore, passando all’appartamento che col precedente condivide il soffitto/pavimento e il rumore molesto dello sciacquone. Si prosegue con la casa di fronte e con la famiglia dirimpettaia. Si sale poi ancora più su, a fotografare altri due micro-mondi, planimetrie simmetriche e rovesciate come dentro a uno specchio. Si termina al quarto piano dov’è un’unica casa abitata, solitaria e desolata come la vita delle sue abitanti.

Ma non finisce qui. Perché nel condominio c’è anche uno scantinato. Buio. Dove si nascondono e moltiplicano inquietanti presenze. E una casa che resta vuota per gran parte della narrazione.

Immaginate un grappolo di famiglie disfunzionali e tutti i problemi che comunemente serpeggiano nel ventre delle case. Tradimenti. Perversioni. Solitudini più o meno affollate. Ipocrisie. Il cattivo rapporto con il cibo. La violenza domestica. Immaginate tutto il campionario della sofferenza che può annidarsi nei nostri appartamenti e poi dilatatelo fino a renderlo gigante, grottesco e mostruoso. Questo è il romanzo di Massimo Cuomo. Che parte dalla realtà ma la deforma, scoprendo così, sotto una lente crudele, le piccole e grandi perversioni del quotidiano.

I personaggi del romanzo

I personaggi di “Casa è dove fa male” hanno nomi e cognomi come nelle riunioni di condominio. Le loro esistenze intrecciano storie fra le mura del palazzo. Le traiettorie si intersecano per le scale, nei pianerottoli, vanno in rotta di collisione, si mescolano. La presenza degli altri, i vicini, è nei rumori che oltrepassano le pareti. Nelle sagome spiate dallo spioncino (il vizio capitale della signora Busetto). Negli umori che si diffondono per osmosi come certi odori stantii. Non c’è aria in questo palazzo.

Alcuni di questi personaggi se ne restano in attesa di qualcuno o di qualcosa che venga da fuori, ma sono incapaci di abbandonare la claustrofobica protezione delle mura domestiche. Non hanno sogni di fuga, semmai ricordi di un tempo lontano e più felice.

Il palazzo sembra una cosa viva composta da uomini, donne, bambini, animali. Un’umanità dolente e mostruosa, grottesca nella sua corporeità. A proposito di corpo: Massimo Cuomo è attratto dalla dimensione fisica dei suoi personaggi. La descrive senza pietà negli aspetti più sgradevoli. Ci mostra la decadenza dei corpi come specchio di quella interiore. Tutti alla fine risultano sgradevoli e respingenti. E sebbene il lettore riconosca la ferita che lacera ciascuno di essi, difficilmente riesce a provare empatia.

“La verità è che provo una specie d’imbarazzo per il rispetto reciproco della posizione acquisita, questa distanza della proprietà privata, dell’intimità e dello spazio fisico che ciascuno di loro sente di possedere. Sono bolle di sapone che si sfiorano, rimbalzano, sbattono l’una sull’altra, si respingono, si attraggono, si fondono in un’unica composizione gassosa che infine sempre esplode, lasciandoli nudi, storditi, disperatamente soli.”

I luoghi del romanzo

Interni piccolo borghesi. Di provincia? In realtà, il condominio si trova a Mestre e vi giunge l’eco di Porto Marghera e dei suoi fumi. Ma potrebbe essere ovunque in una qualunque città d’Italia. Difficile anche inquadrare il tempo di svolgimento della storia che sa di tardo Novecento, forse di anni Ottanta. Un mondo già dominato dalle televendite miracolose delle TV private, ma senza smartphone, social e PC. E con le lire a dare valore a cose e persone.

Gli appartamenti sono descritti per punti focali. Per zoomate improvvise. Sembrano un’estensione dei personaggi. Così la porta con lo spioncino rappresenta i Busetto. Il frigorifero e la cucina unta, i luoghi preferiti dai Chinellato che maneggiano piatti, pentole e posate. Il salotto “buono” mai usato e sepolto sotto strati di cellofan racconta la vita negata delle Menegozzi. E così via. I pianerottoli e le scale sono, invece, luoghi di trasgressione e promiscuità. Di torbida mescolanza.

E gli esterni? Non ci sono. Neppure nella forma di una finestra o di un balcone spalancato sulla strada pulsante. Leggendo questo libro si soffre di claustrofobia.

“Eppure è tutto lì. Certi accadimenti tracciano filamenti luminosi che loro non vedono quasi mai, per distrazione o scetticismo. I luoghi sussurrano fatti avvenuti che nessuno sa ascoltare”

Casa è dove fa male si divide in cinque grandi capitoli senza titolo che scandiscono (in un crescendo di ossessioni e parossismo) le storie delle sette famiglie del palazzo. Il narratore le segue a turno e ne se segue gli eventuali intrecci. Ai cinque grandi capitoli se ne alternano altri cinque, più brevi, che seguono il moltiplicarsi dell’ottava (inquietante) famiglia del condominio. Questi framezzi hanno tutti un titolo che riprende la loro prima frase e cattura l’attenzione del lettore.

La scelta del narratore è originale. Pur conoscendo tutto (dialoghi, pensieri, dettagli pruriginosi, luoghi nascosti e palesi) come un narratore onnisciente, si esprime in prima persona. Quasi fosse un personaggio della storia lui stesso, una presenza capace di spiare l’intimità di ogni famiglia, un occhio sempre aperto. Che prova pietà e tenerezza per gli inquilini del palazzo come fossero figli imperfetti, fragilissimi, di cui ha accettato ogni debolezza. Anche la più bassa. E non è facile per il lettore essere altrettanto accondiscendente, altrettanto comprensivo. I personaggi di questo romanzo non suscitano simpatia, semmai pena.

La scrittura di Massimo Cuomo si caratterizza per il violento espressionismo con cui deforma la realtà ingigantendone le brutture, la corruzione. Si sofferma con precisione e potenza su fluidi corporali, immondizia, sangue. Percorre con precisione intercapedini ed impiantito, tubature e tappeti, pellicce di astrakan e porte di legno. Al suo ricco vocabolario d’appartamento non sfuggono dettagli e iperrealismo, consistenze e odori che rendono il palazzo tridimensionale e abnorme. Ci sarebbe piaciuto, di tanto in tanto, un mezzo tono, una sfumatura, una virata lirica, ma probabilmente ciò avrebbe snaturato l’intenzione dell’autore. Che voleva colpire duro e non ha mancato la promessa.

Conclusioni mon amour

Casa è dove fa male – Massimo Cuomo: abbiamo apprezzato moltissimo l’idea di fondo, ma ci è mancata la leggerezza, l’illuminazione improvvisa capace di farci dimenticare le brutture della convivenza. La greve fisicità dei personaggi. La loro decadenza fisica e morale.

Ci siamo innamorati di Massimo Cuomo con Piccola Osteria senza parole, un gioiello che mescola espressionismo e poesia. Benché la scrittura resti riconoscibile e bellissima nella sua carnalità, “Casa è dove fa male” vibra su corde più torbide ed estreme. Lo consigliamo? Sì a man bassa, ma solo a chi non cerca letture consolatorie.

Voto: otto.