Con questo romanzo, che prende in prestito il titolo da Aristotele, la scrittrice Nina Bouraoui si dedica alla geografia intima. È un tour de force rivelarsi in questo modo senza apparire indecenti, parlare della propria sessualità senza essere spudorati. Perché l’essenziale è altrove: è nel foro interiore, o forse dovremmo dire nella fortezza, perché si tratta di un luogo da espugnare. Nina Bouraoui ci riesce meravigliosamente. La posta in gioco è altissima: essere una donna libera o soffocare, vivere secondo la propria natura o perdere la sua vita. Quali strade prende per arrivarci? Si addentra nel suo passato, come un’investigatrice che tornasse indietro nel tempo, è un’archivista delle emozioni, una biografa dei sentimenti. Si concentra sul suo diciottesimo compleanno, quando lascia Algeri per Parigi. Dove può finalmente dichiararsi omosessuale, e frequentare un club per donne, il Katmandou. Ma non è così facile: “Soffro della mia stessa omofobia”. È anche il momento in cui si scopre scrittrice. Perché il Katmandou è legato al suo primo desiderio di scrittura, “come se il desiderio di corpi, appagato o meno, la scoperta di un nuovo mondo, l’accettazione e l’esplorazione di una sessualità fuori dalla norma portassero al libro, all’immaginazione, alle parole”. Tutti gli uomini aspirano per natura al sapere è anche un testo superbo sulla letteratura. In quasi ogni pagina scopriamo una frase cesellata, come toccata dalla grazia.