Ettore è un uomo di mezz’età, marito e padre di famiglia, che all’improvviso si trova soffocato da un occasionale e inspiegabile mutismo, imprigionato in una vita sbagliata di desideri monchi e promesse tradite.
Ettore è un uomo come tanti, che il quotidiano ha confuso e svuotato, che cerca un orizzonte ormai perduto tra le gambe di Claudia.
Ettore ha una moglie: Elena.
Elena è una quarantacinquenne moglie e madre, traduttrice di testi che parlano delle ambigue conseguenze della modernità e del progresso, che vive in armonia con la natura sempre più a rischio di calamità e disastri ambientali.
Elena nel corpo a corpo delle parole che traduce ogni giorno si perde in una deriva non raggiungibile da Ettore.
Elena ed Ettore hanno due figli e una relazione ormai vuota e incosistente.
Elena sa che Ettore ha un’altra donna, un’altra spiaggia dove affondare i piedi, ma sprofonda nel dolore più cupo solo il giorno in cui li vede insieme, precipitando nello sconforto, dove prende forma la consapevolezza della loro estraneità ormai incancrenita, la coscienza di una morte avvenuta giorno dopo giorno.
Le immagini di Ettore e di quella donna giovane e bellissima, dei loro corpi intrecciati, girano senza sosta nella sua mente ormai riarsa.
Non sa che fare, non sa come affrontare la fine corsa, forse dovrebbe andare a Norcia davanti alle macerie del terremoto per capire come si può sopravvivere alla catastrofe.
Mette quattro vestiti in una borsa, prende i suoi libri, l’auto, e si dirige verso la sua casa di campagna a cercare consolazione all’ombra del faggio che mille volte, quando era bambina, l’aveva consolata sotto le sue fronde.
Al ritorno Ettore trova ad aspettarlo la casa vuota e l’incombente gestione familiare, ma non è il disordine organizzativo a farlo sentire stordito: è l’arrivo di un temporale spaventoso, l’annuncio di un autunno ormai alle porte, sopraggiunto a scalzare via un’estate lunga e soffocante che ha inaridito per mesi il centro Italia.
In un attimo un uragano si scatena su Roma, Ettore preoccupato di essere lontano da Elena, sveglia i loro figli, Giovanni e Susanna, per raggiungere la moglie: nulla faceva pensare davvero a quello che realmente stava accadendo: la pioggia si riversava violenta e feroce, con una rabbia innaturale, vendicativa, quasi umana.
Elena ascolta alla radio il racconto di scene apocalittiche, senza neanche immaginare la vera entità del flagello che si sta abbattendo sulla capitale, e allora le immagini catastrofiche si sovrappongono: l’acqua che improvvisa tracima a inghiottire e nascondere le conseguenze della ottusità umana e la sua stessa storia divelta dal letto del fiume in cui si era cullata per anni fino a che si era addormentata, prigioniera di un irreversibile sonno.
Cosa non era stata in grado di dare ad Ettore? E lui in quante cose era stato manchevole, distante, disonesto?
Ma l’aumentare della pioggia annacqua i pensieri e l’unico desiderio è incontrarsi perché potrebbe essere sopraggiunta la Fine, l’unico vero termine di fronte al quale nulla sarebbe più stato.
All’annuncio di Ettore di essere in auto diretto alla casa del Faggio rosso con i ragazzi, Elena, presa dal rimorso e dal timore di ciò che potrebbe accadere loro, cerca di raggiungerli. Ma non esistono più strade, i fiumi sono esondati, i ponti sono crollati, la forza dell’acqua ha mischiato ogni cosa e il desiderio di allontanarsi è ormai impellenza di un nuovo incontro.
Ettore urta improvvisamente contro qualcosa, perde il controllo dell’auto che si schianta contro un albero: è una cagnetta ferita, la raccoglie e insieme ai suoi figli si avventura a piedi per trovare un riparo.
Ed è a questo punto che grazie all’incontro con alcune persone, uniche sentinelle nella tempesta, il viaggio acquisterà un senso.
Ettore, impaurito del precipitoso declino in cui è scivolato, ingoiato da un’incontrollabile afasia, prenderà coscienza di quanto il suo rapporto con Giovanni, innamorato delle bambole e della danza, lo faccia sentire inadeguato a causa della sua assenza e distrazione; scoprirà che la distanza che c’è tra lui e Susanna è la stessa che la rende diversa agli occhi dei suoi compagni di scuola, a causa del suo amore disperato per il pianeta, Susanna che si chiede che senso abbia stare al mondo se tutto è inesorabilmente spinto verso il declino. Solo ora che sta perdendo tutto Ettore comprende ciò che aveva dato per scontato: appartenere a qualcuno è l’unica cosa che veramente conta per sentirsi vivo.
Sola e allo sbando sotto una pioggia sferzante, Elena viene raccolta in auto da un uomo che scompiglierà il ritmo del suo respiro, mettendola improvvisamente al centro della sua storia, lei che dalla nascita dei suoi figli non aveva più pensato a sé stessa annientando i suoi desideri, incarnandosi in un’unica entità con essi.
Sarà proprio all’interno di questo microcosmo fatto di poche anime nobili, che sembrano rappresentare i valori che Ettore ed Elena hanno perso nel tempo, che la pioggia scioglierà i dubbi e le incertezze calcificate dal tempo ed ogni cosa ritroverà la propria collocazione perché forse il segreto non era resistere, ma lasciarsi andare.
Chiara Mezzalama nel suo Dopo la pioggia, pubblicato dalla casa editrice e/o, racconta la complessità delle relazioni umane e l’inutile affanno con cui l’uomo cerca da tempo di controllare non solo la propria esistenza, ma le forze della natura, desideroso di soggiogarle alla propria ambizione di potenza, perdendo la consapevolezza che l’armonia con la vita ripartirà solo dalla capacità di ricominciare a guardarsi intorno, riscoprendo la possibilità di far parte del mondo attraverso il dono di essere vivi.