L’ombra del fuoco di Hervé Le Corre (edizioni e/o, 2021, traduzione di Alberto Bracci Testasecca) è un romanzo epico, che mescola la storia con la fantasia, mettendo in scena i dieci giorni, quelli della fine del maggio 1871, che conclusero in modo altamente drammatico la Comune di Parigi.
Lo stesso autore in una pagina di prologo spiega ai lettori meno informati cosa avvenne dopo la sconfitta di Sedan del 1870 e il crollo del Secondo Impero a opera dei Prussiani, perché la lunga narrazione prevede proprio una buona competenza storica per seguire le giornate parigine dietro le trincee, nei combattimenti casa per casa, nelle stragi con cui si conclusero i dieci giorni, da giovedì 18 a domenica 28 maggio, che sono alla base della trama del romanzo di Hervé Le Corre.
In mezzo alla folla di contendenti, i Comunardi e i Versigliesi, questi ultimi al comando del generale McMahon, molto più numerosi e meglio armati, emergono i protagonisti che l’autore ha scelto per entrare nel vivo di quelle vicende. Caroline è una bella giovane donna che fa la volontaria in uno dei tanti improvvisati ospedali dove si cerca di soccorrere i soldati feriti, spesso moribondi, amputati, disperati. La ragazza è innamorata del coraggioso Nicolas, arruolato nelle file dei comunardi, che ha trovato in Adrien, un sedicenne deciso a diventare un piccolo eroe, e Il Rosso, un altro volontario valoroso, due compagni fratelli, con i quali si batte anche se, come tutti ormai sanno, la fine della causa per la quale si battono è imminente.
Gran parte del romanzo consiste nella ricerca affannosa di Nicolas che ha perso la sua Caroline, mentre lo scrittore segue separatamente le tragiche avventure che i due si trovano a vivere. Leggiamo di rapimenti di giovani donne, stuprate, drogate, fotografate in pose indecenti, a opera di individui loschi, che uccidono, violentano con un gusto per la perversione sessuale e per il sangue che fanno raccapricciare i lettori. Non mancano descrizioni cruente delle battaglie che vengono ingaggiate in tutti i quartieri parigini, di cui ci viene fornita una descrizione che assomiglia a una mappa precisa della città, nella quale la toponomastica fa la sua parte: ci troviamo a seguire le barricate che arretrano, le strade distrutte dalle bombe, i quartieri che vengono saccheggiati dalla soldataglia assetata di sangue e di vendetta, gli assalti alla baionetta, i corpi che saltano in aria in una bolla di sangue, fango, detriti, immondizia, pezzi di arti maciullati, materie organiche esposte in una città che sembra divenuta una macelleria. Eppure mentre la battaglia infuria, alcuni locali restano aperti, gli osti fanno da mangiare e offrono vino ai combattenti, nelle case abbandonate si trova rifugio, anime generose prestano aiuto insperato.
Molto emblematica nell’economia del racconto è la figura del poliziotto Roques, un borghese, padre di famiglia, che ha accettato l’incarico di poliziotto, nel tentativo di mettere un po’ d’ordine, di ripristinare la legalità, di punire i colpevoli di soprusi e di delitti che nulla hanno a che fare con gli ideali per i quali si combatte e si muore. Non avrà fortuna. Le Corre inserisce spesso nella narrazione considerazioni politiche, per lo più amare e consapevoli di come la storia è andata nella realtà:
“Scappati i borghesi e rovesciato l’ordine, si credeva di aver cancellato un vecchio mondo che invece sta tornando con gran clamore di fuoco e acciaio, e sarà spietato. Basta leggere i giornali di Versailles che inneggiano all’omicidio e invocano l’espiazione dei peccati del popolo barbaro con il sangue e la morte.”
Il lieto fine, Caroline e Nicolas che si ritrovano, non è forse una sorpresa, ma il viaggio che hanno compiuto dentro il male assoluto, la violenza cieca, l’orrore delle ferite inguaribili, i prezzi che hanno dovuto pagare, le perdite subite e il terrore di non sopravvivere li hanno resi persone nuove, diverse, consapevoli.
Una riflessione che l’autore fa fare a Nicolas, che parla all’amico Rosso, è una buona sintesi del significato profondo che lo scrittore ha voluto dare a questo libro, dalla parte dei vinti ma non degli sconfitti:
“Dovremo dimenticare il terrore, ritrovare motivi per vivere, riacquistare forza e volontà. Noi del mondo povero siamo più numerosi di loro. È impossibile che riescano a tenerci sotto il tacco ancora a lungo. Quello che abbiamo cercato di fare servirà da modello, e quello che abbiamo sbagliato servirà da lezione”