Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Victoria Mas tra le pazze di Parigi

Autore: Tommaso Giagni
Testata: Avvenire
Data: 12 febbraio 2021

Per secoli l'ospedale della Salpétrlère ha alloggiato gU ultimi della città: poveri, prostitute, pazzi. Un luogo chiuso, con i suoi codici, come un paese dentro Parigi o un carcere. Perlopiù si svolge qui il romanzo d'esordio dello francese Victoria Mas, (tradotto da Alberto Bracci Testasecca), in particolare nel reparto isteriche - di fatto un manicomio femminile. Che nella finzione ha a sovrintenderlo una devota della scienza, la capoinfermiera Geneviève, barricata dietro alla freddezza per non concedersi l'empatia. È una donna di fine Ottocento: il romanzo è ambientato nel 1885. Eppure ci sorprendiamo ogni volta che compare un fiacre o un beccuccio a gas. Questo riesce a Mas: confonderci con grazia, raccontando una storia remota e attuale. Le "alienate" del romanzo hanno problemi psichiatrici o solo percorsi traumatici alle spalle. Sono mature ex prostitute, giovani nevrotiche di cui nessuno vuole occuparsi, ragazzine rese fragilissime dalla violenza degli adulti. Materia di studio per Jean Manin Charcot, realmente esistito, pioniere della neurologia: su di loro ogni settimana tiene lezioni pubbliche richiamando benestanti voyeur. Adulte o adolescenti che siano, per tutte l'avvenimento dell'anno è il ballo di mezza Quaresima. Il ballo delle pazze, lo chiama la borghesia parigina. Un carnevale con uomini e donne in costume, che mette i margini al centro della scena e fa incontrare mondi lontani. Anche su questo, il romanzo poggia su verità storiche. L'evento ha una funzione evidentemente utile se lo stigma, di qualsiasi natura sia l'emarginazione, alimenta leggende. Ma soprattutto il ballo è un safari, un «contatto diretto con le bestie strane». Perché dall'arrivo di Charcot, e da quando il clima culturale sta cambiando, la follia incuriosisce invece di spaventare. Quel contatto è perciò episodico e non genera mescolanza, l'olio continua a galleggiare sopra all'acqua, i rapporti di forza restano intatti. Ecco allora che il vero ponte è un personaggio, Eugénie. La figura che può mettere in discussione le certezze di Geneviève. Medium nella maggiore ampiezza del termine: capace di raccordare il bel mondo socialmente elevato e gli strati sul fondo, di varcare lo spazio tra uomini e donne. Di mettere in comunicazione il regno dei vivi e il regno dei morti, anche. Di solito le pazienti hanno origini non borghesi, in ogni caso sono state scacciate dalla famiglia e marginalizzate dalla società. Per la loro postura, le loro opinioni, una sensibilità diversa, un carattere riottoso. Vengono tenute a distanza, isolate, tra le mura della Salpetrière, quel luogo può essere anche un riparo. Lo è per la decana delle pazienti Thérèse, ex prostituta, che dice: «Qui sono protetta. Siamo tra donne». ll potere nei rapporti di genere è un terna cruciale del libro, scoperto nella sua tesi. Da un lato gli uomini, padri autoritari o giovani privilegiati e sciocchi. Dall'altro le donne, sofferenti nella condizione d'impotenza in cui sono schiacciate. Uomini sono tutti i medici, donne tutte le "isteriche". La disparità genera conflitto e il conflitto, sì, scompiglia i confini.