In una società che considera strano chiunque devii dagli standard imposti, vale davvero la pena rinunciare alla propria felicità per essere considerati “normali”?
Nelle notti in cui non riesco a prendere sonno i miei pensieri corrono verso quella scatola di vetro trasparente, dove la vita non si ferma neanche per un istante, le luci sempre sparate a mille. All’interno di quella specie di acquario freddo e asettico tutto va avanti come un congegno perfetto. E finalmente provo un certo sollievo e mi addormento, rasserenata da quelle scene familiari e dalla musica del konbini.
La ragazza del convenience store (Konbini ningen コンビニ人間) ha venduto più di 600 mila copie in Giappone e, aggiudicandosi il prestigioso premio Akutagawa nel 2016, ha consacrato Murata Sayaka come una delle autrici di narrativa contemporanea giapponese più apprezzate e interessanti. Il romanzo è stato pubblicato in Italia solo nel 2018, edito da edizioni E/O nella traduzione di Gianluca Coci.
L’opera rappresenta in realtà solamente la più recente dimostrazione delle abilità narrative dell’autrice, che hanno fatto sì che la sua carriera di scrittrice sia costellata di successi. Esordisce con il racconto Jyunyū(授乳, Allattamento al seno) nel 2003, vincendo il premio Gunzō per scrittori emergenti; con Gin iro no utasi aggiudica nel 2009 il premio Noma per esordienti, con Shiro iro no machi no, sono hone no taion no (しろいろの街の、その骨の体温の, Il bianco della città, delle ossa, della temperatura corporea) il premio Mishima nel 2013, e infine con Satsujin shussan (殺人出産 La nascita di un omicidio) vince nel 2014 il premio Sense of Gender.
La ragazza del convenience store è un romanzo parzialmente autobiografico, ispirato all’esperienza dell’autrice come commessa part-time in un konbini all’inizio della sua carriera. La protagonista Furukura Keiko è una donna di trentasei anni diversa dalle sue coetanee: ancora single, non pensa a costruirsi una famiglia o a fare carriera, ma da diciotto anni lavora come commessa part-time nel konbini SmileMart, un minimarket aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Una donna anticonformista che non è vista di buon occhio dalla società giapponese, profondamente tradizionalista, che considera una donna non sposata e senza figli incompleta, strana. Ed è proprio quest’ultimo aggettivo che le è stato affibbiato fin dall’infanzia, già da quando, alla vista di un uccellino morto in un parco, chiede alla madre se possono mangiarlo; oppure quando, per fermare un litigio tra due compagni di classe, usa una pala per colpirli in testa. Le reazioni di orrore e il biasimo dei compagni di classe, degli insegnanti e dei genitori rendono Keiko consapevole della sua diversità, ma senza che ne comprenda il vero motivo, senza che comprenda cosa possa aver fatto di male. Vedendo, però, la sofferenza e l’umiliazione che la sua anormalità causa ai genitori, Keiko decide di cambiare, di dare inizio alla sua ricerca per essere normale.
«Keiko, perché ti comporti così? Perché non riesci a capire?» mi chiese mia mamma sulla via del ritorno, in tono avvilito. Poi si fermò, mi guardò negli occhi e mi strinse forte a sé. Come tutte le altre volte, non riuscivo a raccapezzarmi. Che cosa avevo fatto di tanto terribile? Perché nessuno si decideva a spiegarmelo?
I miei genitori mi volevano un gran bene, mi coccolavano a sufficienza, anche se erano confusi e chiaramente in difficoltà. Non volevo farli soffrire, né tanto meno mi faceva piacere che dovessero chiedere scusa a mezzo mondo per colpa mia. Perciò decisi che da quel momento in poi avrei aperto bocca il meno possibile quando ero lontana da casa. Avrei evitato di prendere iniziative personali, a costo di adeguarmi agli altri in tutto e per tutto e di piegarmi alle loro regole.
In un primo momento, gli adulti apprezzano molto il cambiamento di Keiko, felici di constatare che non parla più a sproposito e non è più tanto impulsiva. Il suo obiettivo è diventare invisibile agli occhi del mondo, non attirare alcuna attenzione su di sé stessi, cercando di mantenere un profilo basso per non far notare agli altri la sua diversità. Una soluzione che però non riesce a salvarla per molto tempo da una nuova ondata di critiche. Alla società, infatti, non piacciono gli estremi, predilige equilibrio, omologazione e per questo l’eccessiva apatia e il mutismo della ragazza iniziano a diventare un nuovo problema, causando di nuovo preoccupazione nei genitori, angosciati all’idea che la loro primogenita non sarà in grado di farsi strada nella società. Fin quando, al primo anno di università, Keiko trova il classico lavoro part-time come commessa in un konbini.
Fino a quel momento ha sempre avuto difficoltà a entrare in sintonia con gli altri, priva com'è dell'empatia necessaria a comprendere quando un’azione sia inadeguata o sbagliata, quali regole sottintese governino la società; ma nel konbini, con un manuale da seguire, persone da imitare e ritmi scanditi, Keiko riesce a trovare il suo posto nel mondo.
Ero molto brava a riprodurre con precisione gli esempi del coach e dei video che ci mostravano nell’ufficio sul retro del negozio. Fino ad allora nessuno mi aveva mai insegnato come rapportarmi con gli altri, in che modo parlare e quali espressioni facciali assumere per apparire “normale”.[…]
«Irasshaimase!» gridai nel medesimo tono di prima, inchinandomi come da manuale e cominciando a scansionare i prodotti. In quell’istante, per la prima volta nella vita, assaporai la sensazione di aver trovato il mio posto nel mondo. Sono nata, finalmente!, pensai entusiasta. Quello fu il primo giorno della mia nuova vita come “normale” componente degli ingranaggi della società. […]
Il mattino dopo, come sempre, rivesto i panni di commessa e ritrovo in un attimo il mio posto tra gli ingranaggi del mondo. Solo in quel caso, e in nessun altro, posso dire di funzionare come una persona “normale”.
Il konbini per Keiko non è solo un luogo di lavoro, ma una vera ragione di vita e il motivo può essere compreso facilmente. Il microcosmo del convenience store di Smile Mark è contraddistinto da una serie di regole precise, da una routine ben scandita facile da seguire, non vi sono imprevisti di fronte ai quali non le è già stato spiegato come comportarsi. Anzi, grazie allo studio attento del vicinato o del meteo, riesce a contribuire allo sviluppo del konbini indovinando quali prodotti venderanno maggiormente durante la giornata. Questo microcosmo diventa la sua comfort zone, dove riesce a trovare una propria identità, a rendersi utile alla società. Anche quando non è fisicamente presente nel convenience store, ogni pensiero è dedicato a esso: come sistemare la merce, come attirare clienti, come pubblicizzare i prodotti in offerta. Il konbini, ormai, fa parte di lei e questo è chiaro fin dal titolo: Keiko viene completamente assorbita dal konbini e ne è felice.
Quando penso che il mio corpo si nutre soprattutto di alimenti del konbini ho la viva sensazione di essere parte integrante degli arredi del negozio, al pari degli scaffali, della macchina del caffè e di tutto il resto.
Tuttavia, la felicità dei genitori nel vedere la propria figlia diventare finalmente parte della società scema lentamente con il passare degli anni, quando realizzano che Keiko non vuole trovare un nuovo lavoro stabile che le permetta di fare carriera. Il konbini è un luogo simbolo di provvisorietà, frequentato per lo più da studenti che cercano di raggiungere un minimo di indipendenza economica o persone di passaggio, alla ricerca di un lavoro più remunerativo. Ma ormai il konbini fa parte di Keiko e. dopo diciotto anni dalla sua apertura, la nostra protagonista continua a lavorare lì, nonostante l’alternarsi di colleghi e responsabili. In una società che continuamente incita al successo, al conseguimento di uno status migliore, il comportamento di Keiko è considerato ancora una volta anormale. Ma Keiko continua a non comprenderne il motivo, non comprende perché le altre persona pensano di sapere come lei si possa sentire a lavorare in un konbini: pensano che sia insoddisfatta quando in realtà si trova a suo agio in quel suo microcosmo dove sa come comportarsi e al quale si è abituata.
Perché avrei dovuto lasciare il part-time da SmileMart e procurarmi un lavoro “normale”? Non riuscivo a capire. D’altra parte ero una commessa perfetta perché applicavo alla lettera le istruzioni di un manuale, ma non avevo la più pallida idea di cosa significasse essere una “persona normale” al di fuori del mio konbini, senza niente e nessuno che mi dicesse cosa fare.
Durante gli anni passati a lavorare al konbini, Keiko si è impegnata duramente a sembrare normale, analizzando qualsiasi atteggiamento del mondo circostante, cercando di capirlo e di interiorizzarlo, ma ancora una volta si trova a confrontarsi con regole sconosciute che non riesce a comprendere. Vale davvero la pena amalgamarsi a una società che stabilisce continuamente nuovi criteri per essere definiti “normali”? Keiko riflette su come gli esseri umani cerchino di adattarsi all’ambiente circostante per essere considerati normali e riuscire a diventare parte integrante della società; su come gli uomini vengano influenzati dagli altri e inconsciamente finiscano per imitarne gli atteggiamenti, il modo di parlare, lo stile di abbigliamento. Ma alla fine cosa rimane? Possiamo ancora considerarci noi stessi?
Yukari ha ragione: sono cambiata, ora sono il risultato del mondo che ho assimilato negli ultimi anni. Dentro di me non resta neanche una goccia dell’acqua che fluiva nel mio organismo in passato. Adesso nel mio corpo scorre un fluido diverso, che ha alterato la mia forma e mi ha tramutato quasi in un’altra persona. […] Nuovo look, nuovo modo di parlare: chi sono io? Con chi stanno chiacchierando le mie vecchie amiche?
Un romanzo breve ma introspettivo, che con uno stile semplice e lineare avanza una critica tagliente nei confronti di una società che predilige l’omologazione e condanna chiunque sia diverso, chiunque non sia riconducibile all’interno degli standard imposti.
Quindi, Irasshaimase! Benvenuti nel microcosmo di Keiko dove la ricerca della propria felicità non sempre coincide con la presunta “normalità”.
Se questo libro vi ha incuriosito o volete esprimere la vostra opinione non potete mancare all’appuntamento con NipPop Book Club il 10 febbraio alle ore 19:00 sulla piattaforma ZOOM!