“Morti ma senza esagerare” è una commedia divertente e intelligente, breve breve, un librettino pubblicato nell’estate 2020 dalle Edizioni e/o (104 pagine, 9 euro), opera non di poco conto di Fabio Bartolomei.
Un romanzo breve, spiritoso, leggero come una piuma e che si legge in fretta, ma fa riflettere, trattando il distacco dai genitori come una divertente commedia dell’assurdo, più pochade che nonsense. Consigliato a chi non ha “paura” di sorridere leggendo.
“Ciao mamma, ciao papà, ma non eravate morti?”. E va bene che dopo tre giorni qualcuno è resuscitato, ma dopo quattro non si è mai visto. Starete già facendo gli scongiuri, ma non c’è da strabuzzare gli occhi: Non si vive di solo pane, anche di umorismo, secondo Fabio Bartolomei. Non sarà la prima delle priorità esistenziali, ma vuoi mettere quanto aiuta a star bene? Romano del 1967, affermato pubblicitario e autore prolifico, ha firmato tanti romanzi spiritosi e “de core”, alla portata di tutti, senza il minimo ermetismo e con un tocco di sentimentalismo popolare. L’intera proposta narrativa è stata pubblicata da e/o, a cominciare da “Giulia 1300 e altri miracoli”, nel 2011, da cui l’attore e regista Leonardo Leo ha tratto il soggetto per il film “Noi e la Giulia”.
Si legge in fretta, “Morti ma senza esagerare”. E’ un romanzo leggero come una piuma, che tratta il lutto per i propri cari come una commedia ma senza sbagliare misura, evitando di eccedere in un’allegria stonata. Il suo umorismo nasce spontaneo, senza forzature, mai fine a se stesso.
Alla battuta o situazione spiritosa, Bartolomei associa un momento di riflessione, che nel caso specifico somiglia all’elaborazione del lutto, ma non lo è pienamente, come vedremo. I suoi autori “divertenti” preferiti sono Age & Scarpelli, non a caso due brillanti sceneggiatori: se il sense of humour resta una dote naturale, la trama va comunque indirizzata verso un obiettivo, ben chiaro in testa all’autore, altrimenti non avrebbe potuto trattare con mano tanto leggera un tema da maneggiare con cura.
Primo titolo di una quadrilogia sulla famiglia
Sì, i genitori della trentaseienne Vera sono morti, in un incidente stradale, ma se li ritrova sorridenti e normali, svegliandosi quattro mattine dopo, nella loro casa. Sereni, naturali, come se niente fosse successo. Il carattere di Matilde e Armando è lo stesso di sempre: lei puntigliosa e professorale, riservato e silenzioso lui. Semmai, si direbbero un tantino rallentati nei movimenti, ma sembra un’impressione. E poi sembrano non avere da fare che non sia l’accudirla e farla stare bene.
“Morti ma senza esagerare” è il primo di quattro che andranno a comporre una quadrilogia della famiglia, con l’obiettivo di esplorare il complesso dei legami tra genitori e figli in maniera allo stesso tempo leggera e profonda. Può suonare come un ossimoro, ma rende la misura esatta di Bartolomei, che con un tono spontaneamente brillante sviluppa temi che inducono alla riflessione.
Da una parte, c’è il distacco dei figli dalla famiglia, in cui stanno di un bene! (tanto più nel caso delle ultime generazioni di “bamboccioni” ambosessi, coccolati e assistiti). Dall’altro ci sono papà e mamme che per amore farebbero di tutto per i propri “ragazzi”.
Vera abita da sola, ha una vita propria anche se non ha mai staccato il cordone ombelicale coi genitori. La notizia dell’incidente mortale la colpisce all’improvviso. La trafila burocratica necessaria, le incombenze da sbrigare, la sequela di luoghi comuni nel corso delle esequie, la anestetizzano. La terza sera si sente attratta dalla casa in cui vivevano ed era cresciuta. Vi si addormenta, abbracciando tutto quello che può e piagnucolando ossessivamente: “ho bisogno di voi, vi prego, tornate!”.
Il caffè a letto, con assoluta naturalezza
La mattina dopo, si sveglia col profumo del caffè sparso per casa e la madre le si presenta in camera con un vassoio in mano. Al vederla sveglia, mamma Matilde accenna la solita pantomima, le battute sarcastiche scambiate col marito, che ci mette sempre del tempo prima di assumere il ruolo di spalla, che gli spetta nel duo comico casalingo.
Vera è disorientata, non ancora del tutto sveglia. Un’allucinazione? Allunga un braccio verso la mamma, certa di dare una smanacciata nel vuoto, attraverso una sagoma inconsistente, come nel film Ghost. Invece, dà una spinta a Matilde, che fa sobbalzare la moka sul vassoio. Il disappunto della donna è particolarmente risentito e disorienta ancora di più la figlia.
Piangere di gioia, abbracciarsi in gruppo, subissarli di domande è una cosa sola. Sembrano sorpresi, oltre ad avere un atteggiamento del tutto naturale: “ci hai chiamati tu, come dovevamo fare?”.
Una commedia dell’assurdo, senza il minimo disagio
Si mette in moto da questo momento una serie di situazioni, sviluppate con straordinaria naturalezza da Fabio Bartolomei. Meriterebbe applausi a scena aperta ad ogni pagina.
La commedia dell’assurdo va avanti per un po’, con toni da pochade e senza il minimo senso del funebre. Poco a poco, si nota però che Matilde e Armando vivono esclusivamente per servire Vera. Quando lei si allontana e se ha trascurato d’assegnare loro dei compiti precisi – roba ordinaria: annaffiare le piante, guadare le tv e via dicendo – restano seduti immobili, con amorevole determinazione, né tristi, né felici, privi di qualsiasi iniziativa.
Certo che essere dei defunti richiamati in vita dall’affetto filiale può avere i suoi vantaggi: si può declinare con grande cortesia l’offerta importuna di un call center, dicendo che il nuovo contratto telefonico non occorre, tanto sono già morto.