Leggo l’ultimo libro di Lia Levi, Ognuno accanto alla sua notte (E/O), tutto d’un fiato. Sono tre lunghi racconti, il terzo in particolare mi ha molto colpita. Forse perché le vicende di quei giorni a Roma tra l’occupazione e il 16 ottobre mi hanno, come storica, sempre intrigata. Un conflitto tra padre e figlio, il padre consigliere della Comunità che segue le sue direttive volte a tranquillizzare gli ebrei, ma anche i fascisti e i nazisti, a non “offenderli”, come avrebbe detto il presidente Foà in un memoriale del dopoguerra (ma questa è storia), il figlio desideroso di combattere, di salvare più persone possibili. Lui non crede ai nazisti, ma nemmeno si nasconde da solo. Vuole cercare di convincere più gente possibile a salvarsi. Finirà male il 16 ottobre 1943. Per tutti, anche per il figlio.
Non posso non pensare che, con tutte le distinzioni del caso, quel ragazzo mi ricorda i sionisti e i bundisti dei ghetti in Polonia, quel padre i membri dei Consigli. Il conflitto tra le due posizioni è ancora sul piatto della bilancia. Ho detto “con tutte le distinzioni del caso” e lo ribadisco. Però credo che ora che i decenni sono passati e continuano a passare dovremmo affrontare anche questo dolente discorso. La scrittura affascinante e familiare di Lia può aiutarci.