La caduta del sole di ferro è il primo volume di un’originalissima saga scritta da Michel Bussi e ambientata in una Parigi travolta dalla natura post-antropocene.
Che il futuro abbia in serbo un quadro apocalittico per l’umanità lo hanno già raccontato decine di romanzi e serie tv. Ma qui si percepisce qualcosa di nuovo, un’insopprimibile sensazione di impotenza e di angoscia pervade quest’insolita saga per adolescenti dotata di un intelligente mix di humour e voglia di trasmettere un messaggio mirato all’ecologia.
Primo capitolo di una serie che racconta una catastrofe ambientale che ha misteriosamente spopolato il mondo, La caduta del sole di ferro è un’avventurosa saga ambientata in una Parigi in cui dodici anni prima è avvenuto un immane cataclisma provocato da una tossina che, trasmessa per via aerea, ha reso sterili e poi ucciso gli adulti del globo. La tossina ha risparmiato solo i nascituri, garantendo la sopravvivenza di pochissimi neonati. E per questo oggi due strani e sparuti gruppi di “survivor”, tutti dodicenni, vivono vicini ma allo stesso tempo lontanissimi e in modo assolutamente diverso.
Uno dei due gruppi, quello più ignorante e selvaggio, è composto dai ragazzi del Tepee. Cresciuti senza genitori e senza l’assistenza di nessun adulto, sono riuniti in una specie di tribù che vive nella torre Eiffel, tappezzata di pelli e trasformata in una gigantesca tenda indiana (il tepee, appunto) e si nutre andando a pesca sulla Senna o a caccia al Bois de Boulogne, nel frattempo ridiventato una grande foresta. Questi ragazzi riconoscono come capo Akan, giovane erculeo, molto alto per la sua età, loro coetaneo ma fisicamente più sviluppato degli altri, e come santona o medichessa una strana bambina, l’unica che possiede tre libri dai quali segretamente trae il suo sapere.
A loro si contrappongono quelli del Castello, il luogo dove vivono asserragliati. Anche i ragazzi del Castello (che poi sarebbe il Louvre) sono cresciuti senza adulti, ma fin dalla nascita si sono ritrovati inseriti in un sistema robotico di insegnamento, mediante video preregistrati, che ha permesso loro di raggiungere una preparazione elevata e di sviluppare un’organizzazione di vita inquadrata in classi di apprendimento e istruzione, all’opposto di quella del Tepee. Sono educati, vegetariani, coltivano i legumi e gli ortaggi che mangiano in vivai artificiali, eleggono ogni anno il proprio re o regina, sono inclini, o almeno pare, al pacifismo, hanno imparato a difendersi usando solo il bo, un bastone che manovrano con micidiale maestria. Al Castello inoltre sono autosufficienti in tutto e per tutto, disponendo di autonomi sistemi di illuminazione, riscaldamento e raffreddamento ambientale.
I due gruppi, a conti fatti due opposte civiltà, pur convivendo fianco a fianco e sapendo dell’esistenza l’uno dell’altro, non hanno mai cercato una vera occasione di contatto. Ma a cambiare, anzi a rivoluzionare questa specie di stallo nutrito di reciproca diffidenza e basato sullo spiarsi da lontano, sarà l’ineluttabile. Le loro abitudini infatti dovranno mutare con l’arrivo di una spaventosa e inspiegabile catastrofe ambientale, un avvelenamento dell’ambiente che comincia a sterminare uccelli e piccoli mammiferi. I ragazzi del Tepee credono che i responsabili siano quelli del Castello. Se così fosse, una guerra sarebbe inevitabile. Ma anche gli abitanti del Castello sono costretti ad affrontare altre abitudini, altre regole.
Brutali e inattese novità che tuttavia, costringendo i ragazzi a uscire dal loro quotidiano, provocheranno l’opportunità per incontrarsi, conoscersi, scontrarsi e magari arrivare a crescere insieme.
Un carosello di occasioni prese al volo, di altre mancate, di reciproche comprensioni e incomprensioni e una serie di avventure per due bande di ragazzi che si muoveranno sul palcoscenico di una Parigi svuotata dal movimento, dal rumore, dalle macchine, una città tutta e solo loro, che costringe a riflettere sui diversi pericolosi scenari con i quali le future generazioni potrebbero doversi confrontare. Ma la storia creata da Bussi, è anche e soprattutto, immagino, l’inizio di una saga a sfondo ecologista che tuttavia, grazie alla sua dimensione distopica, non ricorre a soluzioni ideologiche per affrontare e superare le tante, troppe problematiche del nostro tempo. Gli orfani adolescenti di Parigi narrati da Bussi, che hanno ereditato un mondo costruito da chi li ha preceduti, avranno la possibilità di non commettere gli stessi errori dei loro genitori e magari riuscire a convivere, evitando scontri di civiltà?