Luis Buñuel è stato uno dei registi cinematografici più innovativi e originali del ’900. Dotato di un uno sguardo profondo e penetrante, ha consegnato alla storia pellicole controcorrente e mai accomodanti, prendendo di mira soprattutto il clero e la borghesia. È stato il surrealismo, nato a Parigi nel 1924, a forgiare il suo pensiero, il suo modo di interpretare la settima arte. Un chien andalou e L’âge d’or, i primi due film girati dal cineasta spagnolo, altro non sono che la rappresentazione plastica del movimento fondato da André Breton, la summa di un’avanguardia che sfidò il pensiero dominante nel nome dei sogni, di Sigmund Freud, dell’irrazionale, della follia, dell’eros.
Sempre ateo, grazie a Dio (E/O, 2020) è un agile libretto che raccoglie un pugno di scritti e riflessioni che Buñuel ha distribuito in diversi libri nel corso degli anni. Si parla di cinema, come è ovvio, ma anche della Spagna degli anni venti e trenta dello scorso secolo, della rivoluzione prefranchista, del Marchese De Sade, del ’68, della libertà, di religione e di ecologia. Ne esce fuori un Luis Buñuel impietoso e disinvolto, salace e un po’ malinconico. Un uomo che, esattamente come nelle sceneggiature dei propri film, non concede sconti a un’umanità da tempo infilata nel tunnel dell’autodistruzione. Secondo la visuale dell’autore, a salvarci non saranno certo Dio e la fede, probabilmente nemmeno la scienza. Non del tutto, almeno.
“La scienza non mi interessa – dichiarava Buñuel nel 1983 –. Mi sembra pretenziosa, analitica e superficiale. Ignora il sogno, il caso, la risata, il sentimento e la contraddizione, tutte cose che mi sono preziose”.
Una posizione surrealista anzichenò, coerente con una vita passata nel tentativo, peraltro riuscito, di “épater le bourgeois”.
Sempre ateo, grazie a Dio fa parte della “Piccola Biblioteca Morale” diretta da Goffredo Fofi, una collana sorta con l’intenzione di offrire spazio al pensiero radicale di ieri e di oggi, in tutti i campi in cui si è espresso e continua a esprimersi. Inserire all’interno della collana un intellettuale anticonformista come Luis Buñuel è sembrata una scelta senza dubbio avveduta, oltre che doverosa.