A 45 anni dalla pubblicazione, il fascino de "La vita davanti a sé" è così forte da aver ispirato una trasposizione a Bari interpretata da Sophia Loren. Quell'affresco della Parigi multietnica era sembrato il "grande romanzo della banlieue" che la Francia aspettava per poter dire di aver "fatto i conti" con il passato coloniale. La magia non smise di funzionare quando si scoprì che era solo una bellissima invenzione, e che dietro allo pseudonimo si nascondeva Romain Gary, genio tormentato e lontanissimo dall'ambiente che descriveva così bene. "Nulla si perde" di Cloé Mehdi (tradotto da Giovanni Zucca per le edizioni e/o) quello stesso ambiente lo racconta con più cognizione di causa (qui una bella intervista di Guido Caldiron per il Manifesto), e con non meno valore letterario.
C'è un richiamo al romanzo di Gary nella scelta dei protagonisti: al posto del maghrebino Momo però c'è un undicenne dal nome italiano, Mattia Lorozzi; la sua mamma non è una prostituta ma una "bo-bo" che ha perso la testa dopo il suicidio del marito; e il tutore, Zé, a differenza del personaggio interpretato da Sophia Loren è un venticinquenne ancora pieno di energia, che la vita nella banlieue più emarginata se l'è scelta. Perché questa è la novità delle periferie raccontate da questo romanzo: non tutti quelli che ci vivono ci sono nati, tra i neri e i magrebini spuntano bianchi "inadatti alla vita" o idealisti che sono fuggiti dalle ipocrisie dell'alta borghesia ma che, una volta rifiutati quegli schemi, non sono riusciti a costruire niente. Come il padre di Mattia, volontario «scioccamente convinto di essere in grado di cambiare le cose», distrutto dal senso di colpa collettivo per il pestaggio e la morte di un ragazzino, Said, ucciso da un poliziotto.
La denuncia della violenza dei poliziotti è il tema di fondo di questo romanzo che intorno a storie che sembrano tratte dalle cronache francesi più recenti tesse una rete di approfondimenti che mettono a nudo le radici di dolori insuperabili. "Niente si perde" ha vinto molti premi per il noir, ma i personaggi dei noir senti che non soffrono davvero: quelli di Cloé Mehdi, invece, sì.