“Da oggi in poi, tu qua tieni il potere di vita e di morte sui maschi che ci appoggeranno sopra gli occhi. Gli unici su cui non funziona questa malia sono quelli che già sono stati vaccinati dalla vista di un petto tettianese. Quegli uomini là sono un pericolo, hai capito? Gli uomini che hanno già visto un petto di Tettagna li devi evitare come si evita il diavolo”
Chi parla è Ziella e chi ascolta è Assunta. La prima è la donna più anziana, in ordine di tempo della generazione di femmine del romanzo, la seconda è la nipote di latte, la protagonista della storia, il punto di vista e voce narrante del racconto. Assunta, orfana di entrambi i genitori, desidera una vita bella incorniciata, “come quella dei quadri”, non accetta di essere come la zia (per dirla con il personaggio: una strega, zitella, che non capisce cosa sia la vita, una fata buona dal piglio progressista ante litteram) ci conduce attraverso una nuova, tutta sua, alfabetizzazione dei sentimenti e dei legami fino a quando compare la terza femmina, Elsa, la figlia di Assuntina, che scompagina ancora una volta la narrazione e il senso dell’essere una donna libera.
Con la leggerezza di chi conosce l’animo femminile, nella buona e nella cattiva sorte, Patrizia De Luca con Tettagna esordisce per la casa editrice e/o, scrivendo una storia amabile anche per le connessioni involontarie con la tradizione fantastica della letteratura di Anna Maria Ortese (L’iguana, in particolare) e della collega di casa editrice Ferrante. Con quest’ultima De Luca ha un debito affettuoso di preziosa riconoscenza letteraria, non tanto per le assonanze con la nota tetralogia ferrantiana. Piuttosto aleggia in Tettagna il vento benevolo de La Frantumaglia che con la narrazione “anima e core” del corpo ben si presta. Il corpo racconta, scrive, decifra, intorpidisce, genera, si lacera, vive quasi al di fuori dei personaggi. È più importante della loro umanità, è ciò che li rende semplici e insieme tremendamente pericolosi. Il corpo in Tettagna è il motore iniziale del racconto, generato dall’amicizia storica della protagonista con Filomena che, a differenza di Assuntina, è diventata signorina prima di lei.
“Siamo state inseparabili tutta la vita, io e Filomena. Lei a differenza mia è sempre stata una faticatrice, non le ho mai sentito dire “sono stanca” o “non lo posso fare”. Forse proprio per questo suo piacere pratico del fare lei non è rimasta fregata dalla vita, correndo appresso alle fantasie dell’amore come ho fatto io.”
L’essere donna nasconde il segreto di Tettagna, quello per cui spuntando il seno spunta il sortilegio. Assuntina pur di conoscere questo segreto prima possibile, inscena un finto ciclo e scopre finalmente a cosa servono le tette delle tettaniesi:
“Queste sono preziose e pericolose. Se un uomo ti vede a petto nudo, tu te lo devi sposare per forza, lo devi amare per forza. E lo devi amare per sempre, perché se all’inizio tu lo ami e poi ti cade dal cuore, muore di morte pazza.”
Leggendo questo esordio viene in mente una raccolta di racconti, uscita qualche anno fa, che rende l’idea di come si possa lavorare la parola e renderla fantastica. Il libro si chiama La melancolia del corpo di Shelley Jackson (minimum fax, 2004). La scrittrice viviseziona il corpo umano, accanendosi con l’invenzione fantastica su alcune parti e rendendole mostruose. Così seguiamo le vicende di un cuore nero che mangia le comete e le sonde spaziali; di spermatozoi grandi quanto bufali che sono liberi di andarsene in giro per la città; di tumori che si insediano nelle abitazioni dei loro coinquilini. Una favola nera in carne e ossa, che lascia smarriti. Una sensazione di straniamento che il lettore percepisce anche leggendo questo esordio, rendendo Tettagna un libro tatuato, cioè di quelli che restano un po’ addosso dopo che li hai finiti. Perché non è importante aver capito Tettagna ma averci vissuto dentro, perché la lettura conduce in un altro posto, nel mondo del libro e si desidera restarci, far parte dell’incantesimo.
Il mondo di Assuntina è il paese delle meraviglie negate, dentro ci sono una serie di elementi che sempre con il corpo hanno a che fare: gli intrugli erboristici di Ziella, le tettagnelle spiritose e magiche di Assuntina, la città Napoli che riserva alle donne del paese una gabbia di cristallo e di sogni infranti. In un mondo come quello di Tettagna il reale si inserisce nel gioco della finzione narrativa rendendola coerente al mondo puro e ingenuo del fare a essere. Dispiace lasciare Assuntina e il suo racconto, come quando il bambino viene scoperto dalla mamma e interrotto. Il gioco finisce. Di solito il drago viene sconfitto. Ma solo fino alla prossima avventura.