Prendete i vostri jeans più consumati, indossate un vecchio giubbotto imbottito, calzate le vostre scarpe più comode, perché leggere “Nulla si perde” di Cloé Mehdi significa entrare in una storia torbida, dove c’è bisogno di sporcarsi le mani. Siamo nelle banlieue francesi, lì dove la gente si muove furtivamente, con diffidenza, logorata da una quotidianità alla quale si sopravvive solo se si ha una scorza dura.
“Sono nato in un ambiente in cui le lacrime sono superflue. Non ti puoi permettere di frignare quando senti che il mondo è sull’orlo del baratro, pronto a precipitare al minimo momento di distrazione”.
La vita nelle banlieue
nulla si perde cloé mehdiÈ qui che vive Mattia, un bambino di 11 anni con la testa di un 40enne. Perché, si sa, la vita nelle periferie non è quella dei capricci per avere un game boy o un cartoccio di patatine fritte: nelle banlieue la realtà sa essere spietata, sono zone in cui regna il vuoto, soprattutto istituzionale. Lì le persone devono cavarsela da sole, nella maggior parte dei casi tentando anche di passare inosservate, per non dare nell’occhio, per non ritrovarsi in situazioni che potrebbero rivelarsi sconvenienti.
“«Non ti affezionare mai a nessuno, perché prima o poi ti abbandoneranno tutti».
Aveva ragione. Forse non sono cose da dire a un bambino, ma la mamma mi piace proprio perché non è di quegli adulti che ti dicono scemenze su scemenze con la scusa che sei troppo piccolo per capire”.
Mattia ha imparato in fretta quanto ruvida possa essere la vita. I suoi genitori lo hanno abbandonato entrambi per motivi diversi, suo fratello e sua sorella pure. Dunque vive con Zé, giovane tutore con un passato in una clinica psichiatrica, che a sua volta convive con una compagna che ha ricorrenti tendenze suicide.
Ma c’è anche un altro protagonista nel romanzo. È Said, un adolescente picchiato a morte 10 anni prima da un poliziotto durante un semplice controllo di documenti. Un omicidio rimasto impunito e apparentemente caduto nel dimenticatoio. Ma la periferia è un vulcano silente, nella periferia i gesti infami non vengono mai dimenticati. E sui muri della città iniziano a comparire una serie di graffiti che ritraggono il volto del giovane Said, perché qualcuno ha tutta l’intenzione di fare luce su un caso piuttosto tenebroso.
Nulla si perde è un romanzo aspro, duro, scomodo. Perché si parla di ingiustizia sociale, di dolore, di suicidio, di cliniche psichiatriche. Di un passato che quando torna ingurgita tutto, diventando un tritacarne dal quale è quasi impossibile sottrarsi. Un libro con una sfumatura crescente di noir che indaga sull’individuo, sui rapporti interpersonali, sulla voglia di vivere e di morire, sull’idea di giustizia che viene dal basso. E lo fa in maniera diretta, cruda, con quella franchezza che spesso solo le periferie sanno avere.