“Nives”, il racconto di Sasha Naspini, è una narrazione in crescendo che non delude. Storia di una donna e dei suoi segreti
Poggio Corbello: una piccola tenuta nel cuore della campagna toscana. Nives Cillerai, sessantasette anni, una donna rassegnata alla fatica dell'esistere, non vedendo rincasare Anteo, il marito, che è andato a «rovesciar la sbobba nella mangiatoia del maiale», va a cercarlo: disteso per terra col secchio accanto, fulminato da un “coccolone”, mentre il maiale Ciclamino ha cominciato a masticargli un orecchio. Lei e il marito: sposati da una vita; soli da quando la figlia Laura si è maritata ed è andata a vivere in Linguadoca. Invano Laura, dopo le esequie, ha cercato di persuadere la madre a trasferirsi da lei: nulla da fare; Nives «abitava il poggio da mezzo secolo scarso», e «davvero non esisteva un contraltare che agitasse le acque in quel senso». Rimane. Soffre la solitudine. «Le ore diventavano badilate sui denti al rallentatore»: lei non si basta, e scoprirlo «in tarda età era una mazzata che prendeva malvolentieri». Erede letteraria di una famiglia di strambi e di buffi, ma in sostanza di vinti (si pensi alle novelle di Palazzeschi e di Federigo Tozzi), cerca una qualsiasi compagnia che la salvi dal tormento, trovandola nella più sfortunata delle galline del pollaio, Giacomina, la gallina zoppa. La mette in una gabbietta, come se fosse un grillo, e la porta con sé dovunque, fino a lasciarla libera di sgranchirsi per casa e di accovacciarsi sulle poltrone. Abbandonandosi a un pensiero inquietante: con Giacomina accanto, del marito non le manca niente: «Ho dato la vita a uno che poteva essere rimpiazzato da un pollo». Un giorno, tuttavia, la gallina le appare imbambolata: «fatta di legno», non si muove, neanche a toccarla, e ha lo sguardo fisso. Non c'è modo di rianimarla.
Si è, fin qui (pag. 22), nell'ambito di un bozzetto realistico di lunga tradizione toscana, dai narratori del secondo Ottocento sino, per certi versi, ai racconti di Carlo Cassola. Narrativa rispettabile, ma il cui limite può diventare, senza colpi di ingegno da parte dell'autore, la claustrofilia, un senso di polverosa chiusura incrementata dai fieri e volutamente insistiti, per necessaria mimetica, accenti vernacolari. Onesta narrativa piccola, verrebbe da dire. Ma abbiamo sottovalutato Sasha Naspini. Perché il colpo di ingegno c'è, è notevole e riuscito: la storia si affranca dal bozzetto attraverso una lunghissima telefonata fra la povera Nives, affranta da un altro possibile lutto, e il veterinario Loriano Bollai, che «veniva a tastare le bestie da sempre». Bravo dottore, «ma aveva il vizio del bicchierino». Dialogo a due, infine a tre (si vedrà...) che dura per le restanti 109 pagine del romanzo. Ravvivandolo in maniera decisiva, e trasportandolo in un'aura parallela ma ben più coinvolgente. Principiando, il dialogo stesso, in maniera asettica e professionale: «C'è un'emergenza». «Ho questa gallina». «S'è imbambolata». Destando la perplessità dell'interlocutore, che la ascolta stupito, obiettando: «E io che ci devo fare?», mentre si fa passare dalla moglie Donatella l'ennesimo bicchierino. E però scivolando poi lentamente il discorso su un piano più personale: i ricordi del passato che legano entrambi alla gente del borgo, risalendo indietro nel tempo: anche dolorosi, come il suicidio per amore della giovane Rosaltea, innamorata del bello del paese, che l'ha respinta (ma è stato davvero un suicidio?). E, infine, la pena struggente che abita il cuore di Nives, e che ora non esita a esternare. Lei e Loriano sono stati amanti, una faccenda di più 30 anni prima. Nives, innamorata cotta, che lo aspetta, come da accordi, a mezzanotte alla curva della provinciale, per fuggire con lui. L'uomo non si presenta: le toccherà tornare a casa, disfatta dall'angoscia. Ora Loriano si giustifica, il tono della conversazione si fa più concitato e drammatico. L'alta teatralità della scena ha fatto dimenticare il bozzetto. Nessuno dei due sa che Donatella sta ascoltando tutto dalla linea secondaria. Mentre, esasperata, Nives non esita a raccontare all'ex amante un segreto terribile che gli ha sempre nascosto... Occorrerà non andare oltre. Ma altro grande merito di Naspini sta nel décalage di un mirabile grigio finale.