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Morti ma senza esagerare: verde come vita

Autore: Penelope Volpi
Testata: Menti sommerse
Data: 18 agosto 2020
URL: https://www.mentisommerse.it/2020/08/18/morti-ma-senza-esagerare-verde-come-vita/

Mai giudicare un libro dalla copertina, si dice. Eppure se si dà un’occhiata veloce a Morti ma senza esagerare di Fabio Bartolomei è proprio la copertina che colpisce. Una ragazza dai capelli nero corvino che con sguardo compiaciuto fa capolino da un’immensa tazza blu. È immersa in una sostanza verde che ha l’aspetto di una camomilla. Davanti un gattino fulvo e disorientato.

WONDER WOMAN O SOLO DONNA?

La ragazza si chiama Vera e ha trentasei anni. All’improvviso perde entrambi i genitori, Matilde e Armando, in un incidente stradale. Al funerale si dimostra forte, come wonder woman. Ma appena varca la soglia della casa della sua infanzia arriva la mazzata. Fruga disperatamente tra le cose dei suoi genitori. Non beve e non mangia nulla. Si addormenta esausta sul letto. Stravolta si sveglia in piena notte piangendo, chiedendo a mamma e a papà di tornare da lei, perché ha ancora bisogno di loro.

Vivo l’allucinazione della porta della mia stanza che si apre e di mia madre con il vassoio in mano che si ferma, mi guarda e scuote la testa prima di volgere lo sguardo verso il corridoio: «Armando, sei tu che hai lasciato un grosso straccio sul letto di nostra figlia?». Rumore di passi, mio padre che fa capolino dalla porta: «Quale straccio?». Mi guarda, guarda mia madre. Ci mette un po’ a capire le battute e a entrare nel ruolo di spalla. Va detto, con mediocri risultati. «Non è uno straccio, Matilde. Guarda, si muove».

La mattina Vera si sveglia e il suo desiderio, in maniera assolutamente miracolosa, è esaudito. Matilde e Armando in carne ed ossa entrano nella sua stanza, le portano la colazione a letto, scherzano sorridenti. Lei sarcastica e sagace, come sempre. Lui taciturno e tenero, come sempre. Proprio come se niente fosse mai successo. Eppure i due dimostrano di sapere esattamente di essere morti pochi giorni prima. Vera non capisce come questo sia possibile, ma l’unica cosa che le interessa è che i suoi genitori siano lì con lei. Il suo timore più grande è che possano andarsene di nuovo.

«Resterete qui per sempre o c’è un scadenza?» chiedo senza fronzoli. Mia madre si volta verso mio padre, lo fa sempre quando si parla di numeri e in generale di questioni tecniche. «C’è una scadenza, Armando?». «Immagino finché avrai bisogno di noi» mi risponde l’esperto. Cioè decido io? Se è così va benissimo. Resteranno qui per sempre, ovvio.

All’inizio Vera non li lascia soli neanche un secondo. Poi però si rende conto che non può abbandonare completamente ogni sua abitudine. Così gradualmente riprende la sua vita di tutti giorni. Comincia recandosi al supermercato. Si muove tra gli scaffali con le cuffiette ben calcate nelle orecchie per essere sicura che sua madre e suo padre all’altro capo del telefono non smettano di parlare. Quindi torna al pub in cui lavora e dal quale si è assentata ormai da tempo. Ogni tanto va a casa sua a dormire. Si concede anche di assaporare la dolcezza di un amore. Lentamente, quasi senza accorgersene, cresce, matura, diventa adulta. Una donna. E di conseguenza cessa di avere bisogno dei suoi genitori.

MORTI MA SENZA ESAGERARE: VERDE COME VITA

Bartolomei in Morti ma senza esagerare riflette sulla più delicata delle relazioni umane, il rapporto genitori-figli. Vera non potrà mai smettere di essere la bambina di Armando e Matilde. I suoi genitori infatti tornano sulla terra esclusivamente per lei. I redivivi però sono fantocci che si animano soltanto quando Vera chiede loro qualche favore. Per il resto stanno in silenzio, rimangono fermi per ore, “dormono” a occhi aperti. Essi non appartengono al mondo terreno. Sono solo spettri degli antichi genitori della giovane.

Abbozzo un sorriso. Con un filo di voce la informo che in realtà sono tornata molto prima del previsto, lei guarda la sveglia e borbotta qualcosa sul tempo. Non è più abituata, non ci capisce nulla, dice. Poi si alza, mi guarda di sottecchi come fa sempre quando ho una brutta cera, mi chiede se ho bisogno di qualcosa. «Una camomilla» dico.

Basta così poco per vedere una madre soddisfatta, determinata, felice. Una camomilla. Mentre la sento darsi da fare in cucina mi cedono le gambe. Le assecondo fingendo di volermi sedere accanto a mio padre. È strano, dai resuscitati mi sarei aspettata la stessa smania dei sopravvissuti, di chi, scampata la catastrofe, decide di vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. Loro invece non hanno fatto proprio un bel nulla.

Vera prende un gattino (chissà se si tratta del gattino fulvo dallo sguardo disorientato sulla prima di copertina!) e lo lascia ai suoi per tenerli impegnati in modo produttivo. Essi però non sanno prendersene cura e rischiano che la bestiola muoia di fame. In maniera assai inquietante, l’essenza della morte, tassello ineludibile nel mosaico della vita, aleggia così nell’aria della casa. Bartolomei inserisce battute di un’ironia tagliente ogniqualvolta la tensione drammatica si faccia troppo intensa. Tuttavia sono proprio questi intermezzi comici, che goffamente tentano di esorcizzare tale atmosfera funebre, a rendere la situazione ancora più tragica.

L’angoscia cresce nella stessa Vera quando si trova a realizzare che i due starebbero molto meglio lì nel luogo da cui lei li ha forzosamente richiamati. D’altronde diventare grandi significa anche saper lasciare andare ciò da cui fa più male separarsi. Nell’antica Roma un uomo diveniva adulto a tutti gli effetti, assumendo il titolo di pater familias, soltanto quando suo padre, di cui prendeva il posto, veniva a mancare. Questa legge rispecchia proprio il ciclo della vita e il fisiologico svolgersi degli eventi.

Forse anche la copertina verde acquerello allude alla natura e al suo equilibrio perfetto, in cui tutto ha un senso esattamente così com’è. Si tratta di un organismo in cui ogni parte vive in funzione della totalità che, a sua volta, non può esistere senza ogni sua fibra. Penso sia per questo che Vera sorride tutta sola dalla sua tazza blu. Perché alla fine ha accettato che le cose dovessero andare così. E ha imparato a cavarsela da sola, consapevole che i suoi genitori, dovunque andranno, saranno sempre con lei.