Narrativa fantasy per ragazzi: questa l’etichetta affibbiata a Fidanzati dell’inverno (Edizioni e/o, 2018) di Christelle Dabos e di conseguenza alla quadrilogia de L’Attraversaspecchi a cui dà inizio. La mia missione oggi è dimostrare come questa classificazione sia inesatta e soprattutto quanto, come la maggior parte delle etichette, precluda alla saga di raggiungere un’ampia fetta di lettori, in questo caso quelli che non sono più ragazzi da un pezzo.
La storia è ambientata in un universo composto da ventuno arche, strutturato e descritto nei minimi particolari; ai più nostalgici, potrà un po’ ricordare il mondo di Harry Potter, pur essendo tutt’altro.
I protagonisti sono Ofelia e Thorn, intorno a cui gravitano tutta una serie di personaggi fuori dalle righe e di cui vale la pena leggere. I due sono costretti a sposarsi o meglio, almeno in un primo momento, sembra Ofelia quella costretta a prendere in sposo questo sconosciuto uomo burbero e trasferirsi lontana dalla sua famiglia su un’altra arca: Polo.
Non dirò altro sulla trama e la composizione di questo strano mondo perché è bene che, alla fine di questo articolo, se vorrete, scopriate da voi il resto e lo facciate lasciandovi guidare dalla prosa dell’autrice. Ciò di cui invece voglio scrivere è la percezione che i lettori hanno avuto dei due personaggi principali e del loro rapporto. Ho letto infatti molte critiche su Ofelia e altrettante sul suo lunatico consorte e, proprio per questo, oggi voglio difenderli.
Prima di tutto, forse è importante sapere che Ofelia viene descritta come una ragazza goffa a cui piace stare rintanata nel museo per cui lavora, tanto che i suoi parenti e anche qualche lettore la definiscono una “sempliciotta”. Ma di semplice Ofelia ha ben poco: sa attraversare gli specchi e leggere il passato degli oggetti con il solo tocco delle sue mani. È vero, va in giro vestita un po’ a caso, inciampa su qualsiasi cosa e non le importa molto di ciò che pensano gli altri, ma credo che proprio per questo non la si possa classificare come un personaggio poco strutturato e anzi che i suoi confini siano ben delineati. Non è una donzella in pericolo che necessita di essere salvata, non sconvolge tutti con la sua ammaliante bellezza scuotendo una lucente chioma in attesa che qualcuno la scelga: è una ragazza normale che ama la storia e la sua vita ordinaria, non ha la pretesa di essere speciale.
Né Ofelia né Thorn li stavano a sentire. Si misuravano con gli occhi, lei seduta davanti alla cioccolata calda, lui dall’alto della sua smisurata statura. Ofelia non voleva cedere allo sguardo metallico di quell’uomo, ma dopo averci riflettuto sopra decise che provocarlo non era la mossa più intelligente. Nella sua situazione la cosa più sensata era rimanere zitta. Comunque non aveva scelta.
Ofelia è costretta a sposare Thorn perché ha rifiutato categoricamente qualsiasi altro pretendente prima di allora e ha difeso la sua indipendenza finché ha potuto, ma nel momento in cui capisce di dover sacrificare se stessa per il bene di tutti sale sul dirigibile diretto al Polo senza voltarsi e soprattutto senza darsi per vinta.
Nascosta sotto l’ombra dei capelli si ripromise di rendergli la vita difficile quanto lui la stava rendendo a lei.
Il silenzio di Ofelia non è mai sottomissione; combatte le sue guerre in maniera poco plateale, non piange e non strilla ma un occhio attento sa scorgere i segnali dei suoi malumori: gli occhiali che si scuriscono, la sciarpa che le si agita intorno al corpo. Non c’è in lei accondiscendenza: piuttosto, tanta introspezione che dall’esterno può farla sembrare passiva rispetto a ciò che le succede se si tiene conto solo delle sue azioni, ma non sempre è corretto dare più importanza a quello che si fa invece che a ciò che si pensa. E Ofelia pensa tantissimo.
Occhi slavati, naso affilato, capelli chiari, cicatrice che gli attraversava la tempia: l’intero suo profilo era impregnato di disprezzo, un disprezzo rivolto a lei e a tutta la sua famiglia.
In questo modo la nostra protagonista descrive Thorn la prima volta che lo vede ed è facile intuire quindi che non ci sarà nessun colpo di fulmine tra i due, niente amore a prima vista. A Thorn la gente non piace, è evidente fin da subito, non si disturba a essere una compagnia piacevole e parla sempre con gli altri come se dovesse concludere una trattativa di affari. Fin dal primo momento si intuisce che il matrimonio con Ofelia per lui è questo: un affare da concludere. E, a dirla tutta, non gli interessa fingere il contrario. Facile dire di Thorn che sia soltanto un uomo freddo e calcolatore, figlio di una società maschilista che prende e sposta le donne dove gli pare, facile e anche inesatto. La cosa che ho più apprezzato di questo personaggio è la sua evoluzione nel corso del racconto: all’inizio è un uomo cupo e solitario che semplicemente non dice, ma a poco a poco si scopre un acuto osservatore, nient’affatto indifferente a chi ha accanto. Sì, perché se al silenzio di Ofelia possiamo accedere grazie ai suoi pensieri, che conosciamo perché è lei a narrare la storia, invece quello di Thorn va indagato in altro modo. Ed è proprio nel rapporto con Ofelia che le poche frasi di Thorn iniziano a caricarsi di significati altri che non sa esprimere, colpevole probabilmente il suo essere cresciuto come figlio illegittimo in una famiglia che non lo ha mai accettato, ma che in qualche modo iniziano ad appartenergli.
“Non sono molto loquace” disse. “Ho sempre pensato che parlare fosse una perdita di tempo, ma, spero che l’abbiate notato, sto cercando di andare contro la mia natura”.
Così come Ofelia, anche Thorn si dimostra quindi una persona normale, nonostante la sua altezza spropositata. Apre e chiude il suo orologio continuamente, disinfetta ogni cosa: tutti elementi che lo rendono più umano, falle nella sua ben architettata corazza. Piano piano, anche se con modi rudi e a tratti maleducati, fa posto nella sua vita a qualcun altro e lo fa imparando a comunicare, prendendo le misure.
Sfido chiunque a dissentire sul fatto che nella vita di tutti i giorni, il più delle volte, i rapporti autentici e destinati a durare si siano dimostrati quelli che non urlavano fin da subito entusiasti ma in silenzio costruivano qualcosa.
Chissà che non sia così anche per Ofelia e Thorn. Per scoprirlo non ci resta che leggere Echi in tempesta, l’ultimo libro della tetralogia, uscito il primo luglio.