Non c’è una grande tradizione italiana del genere “romanzo breve” o “lungo racconto”: questo piacevole libro appena uscito da E/O di Fabio Bartolomei sembra smentire questa tendenza e ci riconcilia con un testo breve sì, ma intenso e pieno di suggestioni. Il rapporto tra genitori e figli, in questo caso una donna di trentasette anni, Vera, che ha appena perso entrambi i genitori in un tragico incidente d’auto, e che subito dopo il funerale si ritrova nell’appartamento dei suoi, quello in cui è cresciuta, di fronte a loro, apparentemente risuscitati. Matilde, terribile professoressa di lettere al liceo cittadino, e Armando, puntiglioso ragioniere, sono tornati dall’aldilà solo perché la figlia aveva dichiarato di aver estremo bisogno ancora di loro.
Morti ma senza esagerare racconta con profonda empatia la condizione di tanti giovani adulti, magari quarantenni, che sono rimasti figli, anche se hanno lasciato la casa paterna. La precarietà del lavoro, dei sentimenti, delle prospettive di vita ha reso un’intera generazione incerta, problematica, sofferente, instabile: ecco Vera dichiarare la propria dipendenza, l’impossibilità di sentirsi davvero realizzata senza la presenza riparatoria, accudente, tranquillizzante di quella coppia così avversata e criticata, così respinta nelle loro ripetitive frasi, abitudini, stereotipi, luoghi comuni. La casa piccolo borghese, il lume a forma di scolapasta, il timer a forma di uovo, lo zerbino a forma di gatto, le pareti un po’ annerite sono il luogo da cui la giovane donna, laureata ma impiegata come cameriera in un pub, con una storia sentimentale incerta, ha trovato rifugio dopo la morte dei genitori che ora ritrova pronti a prepararle una camomilla, a ricordarle la ricetta delle lasagne, a rassicurarla sulla sua salute.
Una storia originale, un po’ fantasy, ma neppure troppo: in realtà appare molto concreta, e molto ben descritta è la sofferenza che attanaglia tanti figli incapaci di diventare adulti maturi e consapevoli, troppo abituati alla rassicurante rete familiare, così respinta dal punto di vista ideologico, ma così rimpianta sul piano della vita quotidiana.
Fabio Bartolomei si rivela attento osservatore dei meccanismi psicologici che legano le generazioni, che ripropone nel libro con malcelata ironia che nasconde la condivisione con la sofferenza dei nostri ormai non più giovani, sempre in cerca di rassicurazioni: Matilde e Armando potranno tornare nel loro bel paradiso quando nel suo percorso Vera potrà finalmente amare davvero i suoi genitori, la banalità delle loro affermazioni, “la frutta non ha più il sapore di una volta”, consapevole che loro le hanno dato davvero tutto. Bravo Fabio Bartolomei, ha scritto un libro delizioso e utile.