C’è tutta la selvatichezza della giungla più feroce – come quelle della suggestiva Foresta pluviale di Sinharaja, ad esempio – nell’amore minacciato del vedovo Theo Samarajeeva (rientrato in Sri Lanka dopo la morte della moglie) per la giovane diciassettenne Nulani (pittrice di talento come d’altronde la stessa autrice) i quali, sullo sfondo di un’insurrezione terroristica (quella delle donne kamikaze Tamil paragonabili, quanto a aggressività e disperazione, alla implacabile ostinazione delle zanzare portatrici della malaria) affrescano di passione gli abissi storici della violenza estremista. Nata in Sri Lanka ma naturalizzata inglese, l’autrice è altresì pregiata artista visuale (sua la residenza presso l’Ashmolean Museum di Oxford dal 2002 al 2003); e forse è questo il motivo per cui Mosquito (traduzione R. Duranti, E/O) riesce a dettagliare con, estrema maestria, le complesse sfumature del territorio singalese, trasmettendo al lettore tutta l’intensità non solo dei suoi colori, ma anche delle sue intestine contraddizioni.