Sarebbe bello dire che ci interessa investigare cosa c'è dietro al libro. Una sorta di romantica fabbrica della carta e delle parole… con le persone, i meccanismi, le curiosità, gli intrecci, le idee geniali, le passioni smodate degli editor e degli editori per titoli e autori. Quello che in alcuni casi si rivela poi un flop, mentre in altri la rivelazione della propria scoperta al mondo intero!
E così iniziamo una serie di post parlando con Sandra Ozzola delle edizioni e/o, delle sue scelte coraggiose fin dagli anni ’70, di Christa Wolf, i boom come l’eleganza del riccio, le perle come Izzo e il noir mediterraneo, le scelte di coraggio e innovative come la collana sabotage, i punti fermi come Carlotto, gli amori come Gioconda Belli e… il segreto letterario che sta dietro alla Ferrante.
Come avete iniziato il vostro percorso professionale? Cosa vi ha spinti a credere fortemente fosse possibile diventare editori?
Nel 1979 eravamo piuttosto giovani, ventisei anni, e la nostra è stata una scommessa un po’ incosciente. Non sapevamo nulla di editoria, però Sandro (Ferri, n.d.r.) da un paio d’anni aveva una libreria e io ero laureata in lingue, specializzata in letteratura russa, e appassionata da sempre di libri e del lavoro di traduzione. E’ stata una scommessa piuttosto di tipo culturale e politico, convinti come eravamo che nell’Europa Orientale esistessero autori importanti che valeva la pena far conoscere al pubblico italiano. Tutto il resto è venuto a poco a poco. Lentamente abbiamo imparato che cos’erano il lavoro redazionale, l’acquisizione dei diritti d’autore, il lavoro commerciale, che cosa significava fare un budget e così via.
Quando avete “fatto il salto” e iniziato a pubblicare “altro” dai titoli e gli autori che amavate di più?
Veramente salvo rare eccezioni non abbiamo mai smesso.
Una domanda che sembra una matrioska: perché fino ai primi anni settanta la letteratura dell’est Europa non era quasi tradotta in Italia? Quanto può fare realmente un editore per suscitare interesse e “feeling” fra un genere letterario e il proprio pubblico? La letteratura ispanoamericana, per fare un esempio significativo, negli ultimi 40 anni ha ottenuto, in Europa e in Italia, un successo di proporzioni enormi, fino a divenire quasi una “moda”, tra l’altro saturando il mercato di titoli spesso mediocri, affianco ai grandi capolavori che conosciamo. La letteratura dei paesi dell’est Europa potrebbe mai godere qui da noi di simili riscontri, o alcune affinità diciamo “caratteriali” fra mediterranei e sudamericani risulterebbero comunque ineguagliabili, e quindi “imbattibili” anche a livello commerciale? Il vostro catalogo di titoli dell’est Europa è indubbiamente ricco. Ma quali sono i riscontri reali ottenuti?
Il motivo era politico, così abbiamo sempre pensato. Bisogna ricordare che in quegli anni la separazione tra Est e Ovest era qualcosa di molto concreto. I romanzi dell’est, quando venivano tradotti in italiano, erano pubblicati soprattutto in maniera strumentale, perché rappresentavano uno strumento pro o contro l’Unione Sovietica, il Comunismo e così via. La nostra scommessa, come dicevo prima, è stata invece che possedessero un valore letterario, umano e storico che andava molto oltre. Abbiamo pensato di avere in qualche modo vinto una battaglia quando il pubblico e la critica hanno incominciato ad apprezzare sempre più i nostri autori. Quelli presentati nella Collana Praghese diretta da Milan Kundera, per esempio, come Bohumil Hrabal con il suo “Ho servito il re d’Inghilterra” o le scrittrici della Germania dell’ Est. Un nome tra tutti quello di Christa Wolf, autrice di Cassandra e di molti altri bellissimi libri. Senz’altro la più grande scrittrice tedesca del Novecento.
Chi meglio di lei può guidare un lettore che vuole iniziare ad approcciarsi alla letteratura dell’est.. Ci può suggerire due percorsi: uno di “pancia ” e uno di “testa”.
Non so se sia un consiglio di pancia o di testa (tutti e due, mi pare), ma incomincerei proprio dai libri che ho citato.
Pensa possa esistere una letteratura ancora da scoprire? Autori e generi ancora sconosciuti al pubblico italiano che possano far aprire gli occhi su un mondo altro? Qual è oggi la nuova frontiera?
Perché no? Noi, ma non solo noi, anche altri editori, continuiamo a esplorare. D’altra parte dopo l’Europa dell’Est, noi stessi abbiamo pubblicato molti romanzi dell’Ovest, con importanti autori americani come Thomas Pynchon o Alice Munroe o Joyce Carol Oates, e poi i noir delle rive del mediterraneo, con autori come Jean-Claude Izzo o Massimo Carlotto, l’Africa e così via… Questo è forse il lavoro principale degli editori, che viene ancora prima di quello di avviare e accompagnare gli autori nella pubblicazione.
Molti si vergognano ad ammettere di aver provato piacere nel leggere libri ritenuti “facili e stilisticamente poveri”. Altri citano le loro letture colte e difficili con vanto pur non avendole realmente apprezzate . Perché esiste un “classismo” letterario?
Perché la gente è un po’ stupida. E’ legittimo leggere qualunque cosa, l’importante è saper riconoscere le caratteristiche di quel che si sta leggendo. Quante volte nella storia i generi si sono mescolati e “ribaltati”, trasformandosi da letteratura di evasione in letteratura e basta? Detto ciò dispiace comunque che nelle classifiche dei libri più venduti siano del tutto assenti gli scrittori più “letterari”, anche se appassionantissimi (penso a Elena Ferrante).
-Tatjana Giorcelli-