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Treni strettamente sorvegliati
Molti conoscono la tenera storia del giovane Milos, ferroviere in una stazioncina dell’europa centrale, per averla vista in un film che vinse l’oscar nel 1966. Milos, Charlot boemo, diventa adulto tra i propri insuccessi amorosi e gli scintillanti successi del capo-manovra Hubicka (che stampa timbri sulle chiappe della telegrafista), tra il ricordo del nonno che voleva fermare i tank con l’ipnosi e quella bomba, quella “cosina” che lui, Milos, deve infilare nel treno dei nazisti.
«L’ironia praghese è un gioco apparentemente infantile, folle e stupido in senso superiore, è la battaglia contro una felicitante teoria dello stato e contro l’apparato burocratico. Naturalmente è anche coscienza della vanità di tale lotta. È l’abolizione di una soggettività che è giunta fino in fondo, è la più alta libertà possibile nel mondo senza dio». (Bohumil Hrabal) |
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L'uragano di novembre
Che si tratti di una visita al cimitero di Mosca, dove Esenin e Tupolev riposano vicini, oppure di una manifestazione in ricordo di Jan Palach repressa dalla polizia, o di un fatto di cronaca nera, o di un viaggio negli Stati Esauditi d’America, o della morte della moglie, o ancora dei ricordi della grande stagione culturale praghese negli anni Sessanta; tutto passa nella magica macchina della poesia di Hrabal che trasforma ogni cosa in racconto e in meraviglia, in una scrittura eccezionalmente “libera” che riesce a fondere assieme sogni e realtà, aneddoti e filosofia, attualità drammatica e fantasia. L’uragano di novembre ha vinto il Premio Mondello nel 1992.
«Un uomo di settantacinque anni, col carico di una vita vissuta fortemente e intensamente, che ha “raggiunto lo stato d’inquietudine finale”, apre a scroscio la sua anima in una splendida febbre creativa che dà alla sua prosa toni e bagliori apocalittici e boreali, che apre orizzonti smisurati e comunica al lettore una tensione che dura dalla prima all’ultima pagina» (La Repubblica) |
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La tonsura
«Madame Bovary sono io» ha scritto Hrabal a mo’ di epigrafe a questa “ricerca del tempo perduto” che ha come protagonisti una madre fuori del comune, un padre teneramente innamorato, uno scatenato zio Pepin e un’epoca, un mondo che ancora magicamente ci incantano.
«Magnifico ritratto di donna, dipinto con vividi colori, un humour irresistibile e uno stile fluido che segue con naturalezza il ritmo degli episodi burleschi e pieni di poesia. Ode alla sensualità e alla libertà di questa seduttrice golosa e buffa». (Le Monde)
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Un tenero barbaro
Questo romanzo è un’ode all’amicizia, alla giovinezza e alla creatività. È la storia di tre amici a Praga, all’inizio degli anni Cinquanta: lo scrittore Bohumil Hrabal, l’artista Vladimír Boudník ed Egon Bondy, poeta, filosofo zen e marxista “di sinistra”. «I vagabondi del Dharma sono a Praga» esclama Egon Bondy. E il riferimento alla beat generation, che in quegli stessi anni di guerra fredda sperimenta in America vie nuove nella vita e nell’arte, è evidente quando si leggono queste epiche sbronze, questa ricerca metafisica portata avanti nelle birrerie o nelle fabbriche o per la strada, questa spinta creativa che nasce nel dolore ma anche nella bellezza nascosta ovunque, e che si alimenta degli eccessi e di ogni tipo di sperimentazione artistica ed esistenziale.
«In realtà ho scritto tutto il libro sulla domanda di Friedrich Nietzsche: dove sono i barbari del ventesimo secolo, e io rispondo che sono due. Doveva chiamarsi Teneri barbari, cioè Egon e Vladimír...». (Bohumil Hrabal)
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Paure totali
Hrabal racconta anni di trasformazione epocale a Praga. Nella vita politica, la fine del comunismo e l’avvento di incerte trasformazioni. Nella vita privata dello scrittore, l’innocente passione per Aprilina, la ragazza americana destinataria delle sue lettere, comincia a perdere di vigore e lui torna alla sua quotidianità. Torna soprattutto ai suoi gatti, l’unica realtà forse che riempie di senso la vita di un uomo sempre più immerso nella solitudine. Il “giornalismo letterario” di Hrabal rende conto di questa doppia dimensione della sua esistenza, pubblica e privata. I testi sono spesso scritti di getto, portati in birreria all’editore e da questi velocemente trasformati in quadernetti (a volte anche il giorno dopo!), per una limitata ma intensa diffusione a partire dalla stessa birreria.
«Per cui, questa nazione qua c’ha nei geni la stessa cosa che c’ho io... una tendenza alle sbronze e al comunismo...». (Bohumil Hrabal)
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Ho servito il re d'Inghilterra
Accolto da un’ovazione di consensi alla sua prima uscita italiana nel 1986, lo straordinario romanzo di Hrabal ha avuto numerose ristampe nell’edizione economica. È raro che un libro riesca come questo a esibire una tale gamma di registri, di storie, di aspirazioni. C’è un erotismo festoso; c’è un’assoluta passione per la vita, per le sue sorprese; c’è la voglia di denaro e di successo come ansia di riconoscimento; c’è la tristezza della vita come delusione e solitudine: c’è una festa di immagini e di poesia.
«Beh, è un libro che andrebbe diffuso nelle scuole, quale esemplare invito alla lettura. Perché è un’occasione più unica che rara per vedere all’opera uno scrittore assieme popolare e colto.» (Franco Marcoaldi – La Repubblica)
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La cittadina dove il tempo si è fermato
Questa sarabanda guidata dallo scatenato zio Pepin, adorabile matto e poeta spaccone, è uno dei libri più divertenti che Hrabal abbia scritto. E se il lettore vi ritrova anche la vena tragica dell’autore praghese, come nelle malinconiche pagine finali, o la vena lirica e sensuale, come nel meraviglioso corteggiamento della macellaia, il più delle volte è costretto a piegarsi in due dalle risate, perché lo zio Pepin, quando è in forma, urla e combina guai come «cento divisioni austriache al comando dell’arciduca Carlo»!
«Hrabal è una bomba stilistica: il ritmo della narrazione, svagata e paratattica, è travolgente, si insinua nel comico, scivola nella tragedia, si impenna nella poesia senza soluzione di continuità, in una naturalezza apparente che riproduce il flusso del racconto orale». (Lidia Ravera – Wimbledon)
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