Se l'amore è furioso di Elena Ferrante (La Repubblica, 30 novembre 2007)
Del nuovo libro di Alice Sebold (La quasi luna, Edizioni E/O, 2007), molto avvincente e di lucida radicalità, cercherò di raccontare solo quello che la stessa Helen Knightly, l’io narrante, dice fin dal primo rigo: “Alla fin fine, ammazzare mia madre mi è venuto facile”. Tutto il resto (lo sviluppo della storia, l’ambiente e i molti personaggi ben rifiniti, alcuni episodi che una volta letti non si dimenticano più) è diritto del lettore scoprirlo da solo, secondo la cadenza delle righe. Chi scrive un romanzo lavora apposta, con cocciutaggine, per fare in modo che la storia generi emozioni a catena e susciti sentimenti della stessa verità e potenza di quelli d’ogni giorno. Visto che Alice Sebold si è adoperata con perizia, perché guastarle il lavoro riassumendo la vicenda?
Muoverò invece da quella constatazione iniziale di stupefatta durezza. Dice sul serio Helen? Una figlia può ammazzare la propria madre senza troppe remore? Bisogna leggere il romanzo fino in fondo per cercare una risposta.
Mentre il racconto del parricidio ha una lunga e complessa tradizione maschile, quello del matricidio è molto meno radicato nell’immaginario e quindi meno prevedibile. Rarissimo poi è il racconto alto, fondativo, di una figlia che uccide la madre. Abbiamo Elettra, naturalmente, ma il mito e i tragici, pur lasciandoci momenti e formule su cui non si finisce mai di riflettere, fanno combaciare le sue ragioni con quelle maschili del fratello Oreste: assassinare la madre su mandato della stirpe, per vendicare il padre.
Bisogna arrivare ai giorni nostri per trovare qualche storia (poche) di figlie che, riesaminando con dolore il rapporto con la madre, o progettano di ucciderla o la uccidono realmente muovendo dalla sostanza imparagonabile di quel rapporto, quasi che cominciassimo a sentire solo ora di avere anche noi il diritto di rappresentare il nostro fondo più paludoso... LEGGI DI PIU'