dalla Repubblica Palermo del 26 luglio 2017
di Maria Anna Patti
Colomba Rossi guida la collana sabot/age delle edizioni e/o. Da sempre appassionata di libri, sceglie personalmente autori e testi.
Il noir è un pretesto per raccontare quella realtà che spesso si preferisce non cogliere?
«Una storia criminale di ampio respiro è sempre una buona scusa per raccontare la realtà. Il nostro progetto narrativo privilegia romanzi che prendono spunto da inchieste o esperienze personali, in grado di svelare meccanismi occulti per offrire al lettore una visione approfondita di luoghi e ambienti».
Il primo libro pubblicato quale è stato?E da allora quanto sono cambiati i lettori?
«”La ballata di Mila” di Matteo Strukul (vincitore del premio Bancarella) e che raccontava la realtà della mafia cinese in Veneto. I nostri lettori sono attenti alla qualità della scrittura e nel tempo hanno iniziato ad apprezzare il senso della proposta di autori molto diversi tra loro ma uniti dall’idea di raccontare questo Paese».
In “Nero di mare” Pasquale Ruju coglie il lato oscuro dell’esistenza. Un romanzo sul rimpianto?
«Franco Zanna è un uomo spezzato da un passato doloroso. Ma ora è diverso, non accetta di piegarsi al destino e ai prepotenti di turno. Stare dalla parte dei più deboli è un modo complicato ma necessario per vivere dignitosamente».
A Napoli con Massimo Torre: un invito a rileggere la commedia d’arte in chiave critica?
«“Sempre servo vostro” dice il Pulcinella di Torre, ma servo non lo è affatto. Anzi, è un fermo oppositore dello strapotere e del malaffare camorristico. Ma questo Pulcinella “giustiziere” racconta la realtà di un tempo, quello degli onesti che si sentono soffocati e oppressi e sperano in un cambiamento».
Il ruolo delle donne nella scrittura di Carrino.
«Delle madri, soprattutto. Ce ne sono ben sette nell’ultimo romanzo. Un tema centrale in tutta la sua opera questa indagine sul rapporto madre-figlio. La protagonista dei romanzi Mariasole Simonetti è una femmina-boss che al di là del potere criminale rimane comunque madre e condizionata nelle scelte dall’amore per il figlio».
A Bari con Carlo Mazza: la scrittura può essere denuncia degli intrighi tra la criminalità e il potere?
«L’intreccio tra criminalità e potere è uno dei grandi mali italiani. Mazza, ha un’abilità particolare nel rendere semplici e comprensibili i meccanismi più complicati. Di grande umanità il suo personaggio: il capitano dei carabinieri Bosdaves, in grado di svelare la verità salvaguardando i sentimenti delle persone coinvolte».
Tra i vostri autori c’è Roberto Riccardi, candidato al premio Strega nel 2014.
«Con il personaggio del tenente dell’Arma, Rocco Liguori, Riccardi ha raccontato pezzi importanti della storia italiana, vissuti in prima persona come ufficiale dei carabinieri. La firma del puparo è un omaggio di Riccardi alla città di Palermo dove ha prestato servizio per sei anni».
“Il canto degli innocenti” di Piergiorgio Pulixi è il primo di una serie poliziesca dove esiste un labile confine tra bene e male. Il segreto del suo successo?
«Pulixi ama raccontare storie e personaggi tormentati con grande coraggio e coerenza. Non conosce filtri e mediazioni, affonda la narrazione nei meandri più oscuri per permettere al lettore di comprendere logiche, psicologie criminali e ambienti estranei».
Un autore straniero che vorrebbe nel catalogo?
«Il compianto Derek Raymond. Ha usato il noir per scavare nella psicologia delle vittime con rara sensibilità».
Quali insegnamenti di Massimo Carlotto hanno permeato la scrittura dei vostri autori?
«Massimo è mio marito e quindi mi è un po’ difficile rispondere ma posso affermare che il suo rigore e la sua onestà sono un riferimento positivo».